Forteto, i troppi "non ricordo" dell'orco

Ascoltato in Parlamento Fiesoli, fondatore della comunità in cui avvenivano gli abusi

Forteto, i troppi "non ricordo" dell'orco
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Dopo un silenzio durato quindici anni, Rodolfo Fiesoli (in foto), il fondatore del Forteto, ieri ha finalmente testimoniato di fronte alla Commissione parlamentare d'inchiesta nata per comprendere quali sono stati i veri legami tra la comunità, i magistrati e i politici di sinistra toscani. Nonostante il giuramento e i continui richiami, pronuncia molti «non ricordo» e «non so». Dice di non poterne più. Si arrabbia. A volte usa toni beffardi («Brava, meravigliosamente brava», dice alla deputata Chiara La Porta). Fa confusione se deve dare una risposta, soprattutto se deve fare dei nomi, ma quando deve spiegare la differenza tra «carezze», parola sfuggita forse a causa di un lapsus e «chiarezza», lo fa con estrema precisione. Certo, è anziano Fiesoli (84 anni). Lo scorso mese i suoi legali si erano opposti a farlo comparire in Commissione, ma alla fine ha dovuto parteciparvi. Un viaggio che da Padova, dove si trova in una struttura detentiva per anziani, lo ha portato a Roma, per raccontare, o almeno per provare a farlo, ciò che accadeva realmente al Forteto, la comunità da lui fondata nel 1977 insieme a Luigi Goffredi e dove si commisero diversi abusi psicologici e sessuali ai danni di minori e disabili.

Fiesoli minimizza sempre. È orgoglioso di ciò che ha creato. «Avevamo tante responsabilità civili e penali», esordisce, «ci affidavamo alle famiglie e alle loro qualità. Sono rimasto in contatto con quelli del Forteto che mi vogliono bene». Su ciò che accadeva lì, il fondatore della comunità è estremamente vago: «Si aiutavano molto questi ragazzi in difficoltà. Quando si parla della comunità si parla di persone che stanno profondamente male».

Nessun rimorso per ciò che è stato «mi trovavo molto bene», racconta, dimenticando che è stato condannato a 14 anni e 10 mesi per violenze e maltrattamenti. «Sono venuti a trovarmi politici e magistrati, posso dirle chi sono», afferma Fiesoli. Che però non fa nomi. Gira largo, parla solo di persone «meravigliosamente brave» e dice di esser contento di essere stato con loro. Ricorda, dopo che gli vengono citati, i magistrati Piero Tony («Aiutava i ragazzi a stare bene, faceva chiarimenti, ci parlava») e Andrea Sodi («Era contento di venire da noi, ci mangiava una volta la settimana, stava proprio bene»).

«C'era una affettività molto piacevole - prosegue poi Fiesoli - Ci davano bambini in affidamento provvisorio». Quell'affettività piacevole, come la definisce lui, era però fatta di abusi.

Per capire l'orrore del Forteto bisogna lasciar parlare le vittime: «È cominciato tutto che ero un ragazzetto. La mattina Rodolfo mi invitava a prendere il caffelatte: Vienimi a trovare in camera, bisogna ragionare, mi diceva, ma non era un ragionare - ha raccontato per esempio Marco - lo trovavo in canottiera e senza mutande, scostava le lenzuola e mi chiedeva di avere rapporti con lui». O come ha spiegato Marika: «Ero stata abusata dal mio genitore naturale, sono arrivata lì a otto anni, nel 1983, dopo qualche anno il mio padre affidatario comincia a dirmi che per superare il trauma serviva che io lo rivivessi. Si abbassò i pantaloni e mi costrinse a fare sesso orale. Hai visto, mi disse, non è nulla di che».

Per anni Fiesoli ha agito indisturbato, anche grazie all'appoggio della sinistra toscana. Poche risposte da lui. Ma molta sofferenza contro i più deboli.

Come ha notato, al termine della Commissione, il deputato Francesco Michelotti: «Fiesoli, non la ringrazierò per questa audizione, anzitutto perché non ha risposto alla prima convocazione costringendoci a una convocazione coattiva, ma anche per il tanto male che ha fatto».

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