Mi scuserete se divago un po' dall'ordinario per raccontarvi una storia che mi ha alquanto divertito. Viene dall'Inghilterra e narra di un bel micione, Marshall, amatissimo dalla sua famiglia e soprattutto dalla figlia dodicenne Ezela. Con loro si era trasferito in un bel quartiere di Corby, casa linda, prato all'inglese, ogni comfort. C'era solo un problema. Quella casa gli stava sulle palle, non aveva l'odore, il colore e neppure la ruvidezza amatissima di certi angoli della sua vecchia dimora, pertanto appena poteva fuggiva dal controllo dei padroni e tornava fiducioso al primo domicilio, convinto che prima o poi anche la famigliola si sarebbe pentita e l'avrebbe seguito.
Un bel giorno Marshall scompare dalla circolazione e non fa rientro a casa. Pianti, strazi, un vuoto incolmabile. Come succede spesso in queste faccende affettive, partono gli appelli strazianti, le foto segnaletiche. Ebbene dopo tanto affannarsi e girovagare alla ricerca del micino, arriva la telefonata ferale. «C'è un gatto agonizzante sulla vecchia strada della zona industriale, venitelo a prendere». Il padre 42enne, senza dire nulla a nessuno, si reca sul posto e trova il gattone in fin di vita sull'asfalto. Stesse macchie, stesso pelo tigrato, stessa corporatura agile. Neanche il tempo di una carezza e il povero animale spira. Il padrone piange tutte le lacrime che può, imprecando contro il disgraziato che l'ha investito con la vettura e avvolge la bestiola in un lenzuolone immacolato recandosi dal fidato veterinario per farla cremare e riporla nell'urna del corridoio di casa. La parte difficile è comunicarlo alla figlia che non aveva mai avuto un animale prima di allora e non si capacitava che un esserino così piccolo avesse fatto carta straccia del suo cuore. Assolta anche questa incombenza, tocca pensare alle cose pratiche. Naturalmente pure il dolore ha un costo da smaltire, 180 sterline di cremazione, escluso il vaso.
Passano quattro giorni di strazio, silenzio e vuoto deambulare nella casa alla ricerca dell'amato miagolio e arriva una seconda telefonata. Era il nuovo proprietario della vecchia casa. E riferiva testuale: «C'è il vostro gattone sulla porta di casa e mi tormenta per entrare». L'uomo affranto da mille incertezze e senza alcuna speranza di resurrezione felina corre a visitare l'antico domicilio e sull'uscio della villa, dritto, peloso, medesimo color zenzero, medesima zampina bianca e medesimo sguardo incazzoso e curioso, c'era il suo vecchio Marshall che reclamava cibo e attenzioni.
Ma allora chi era il morto stecchito sull'asfalto cremato in un gennaio di freddo e nebbia di Corby e posato con dovizia di ornamenti e preghiere in un decoroso sacchettino della famigliola perbene in attesa di essere accomodato sulla vecchia cassettiera e venerato per tutti i giorni a venire? Un signor nessuno della strada. O forse un impostore! Sicuramente un povero diavolo felino cui nessuno aveva dato udienza e ascolto quand'era in vita. Marshall se la rideva a crepapelle, non solo per la figura dei premurosi famigliari, ma anche per aver assaporato da non morto il dolore dei suoi cari e visto lo strazio e il languore che si dipingeva sulle facce di tutti al solo proferire il nome Marshall.
Anch'io per esperienza ho avuto un gattone che è sparito per qualche settimana gettandoci tutti nello sgomento e nel piagnisteo generale, salvo tornare più grasso e pacioso di prima - e aggiungo sessualmente appagato da qualche micia in amore - dopo aver goduto del nostro strazio. E so di una gattina di razza europea che era sparita tempo fa da un ultimo piano di un palazzone alto di periferia gettando una nidiata di bambini nello sconforto generale, salvo poi presentarsi dopo un mese sulla porta di casa più nuova di prima e forse anche divertita. Ho il sospetto che codesta consuetudine alla sparizione non abbia tanto a che fare con le famose sette vite dei gatti, diceria che mi aggrada assai ma reputo priva di fondamento, quanto piuttosto col fatto che i gatti si compiacciano di sparire ogni tanto per assaporare la reazione dei propri cari e godersi lo spettacolo di loro che li rimpiangono. Anche a noi umani dovrebbe essere consentita ogni tanto la fuitina. Sparire per qualche giorno o settimana, sprofondare amici e parenti nel più completo dolore e poi tornare a bussare alla porta di casa più vivi e vegeti che mai, ridendo del loro sbalordimento e fregandoli un'altra volta con una buona dose di convivenza molesta. Il famoso morto redivivo.
Personalmente gradirei sparire per una breve parentesi solo per vedere le espressioni dei miei nemici e vedere con che faccia inondano le agenzie e il vicinato piangendo la mia scomparsa e scusandosi per avermi temuto, criticato, odiato, persino radiato da ogni ordine e grado, pur di zittire le mie intemerate e le mie provocazioni. «Ah com'era stronzo quel Feltri dei giornali ma quante verità diceva e che favella!». Immagino già gli occhi sbarrati di Parenzo e il farfugliare imbronciato di Gasparri al vedermi resuscitare. Purtroppo non avrò questa fortuna.
Mi tocca restare tra loro e sorbirmi pure gli improperi. Ma spero mai la sventura di quel micio che se n'è andato schiacciato sulla strada senza neppure un amen pietoso, anzi, con l'incazzatura post mortem del gattone cui ha usurpato il posto.
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