«Foto inaccettabili» ha giustamente sottolineato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, parlando delle immagini choc dei corpicini senza vita portati a riva in Libia dalla marea. Però è «inaccettabile» anche l'uso cinico e spregiudicato di queste terribili immagini da parte di una Ong del mare, che le ha sbattute su twitter. Un pugno allo stomaco non solo per denunciare una morte inutile e straziante, ma per pura «pressione politica», come viene platealmente ammesso dagli stessi talebani dell'accoglienza.
La macchina da guerra mediatica e propagandistica delle Ong appena può utilizza foto di corpi annegati che galleggiano, dei salvataggi disperati e di bambini che non respirano più. Se lo facessero solo per denunciare le morti in mare sarebbe condivisibile, ma in realtà usano le stragi degli innocenti per ribaltare la tragica realtà. Gli unici e veri responsabili dei bambini senza vita con la faccia nella sabbia sono i trafficanti, che fanno partire a pagamento i migranti sui gommoni della morte diretti verso l'Italia. Le Ong, come Open arms, che grazie al suo fondatore Oscar Camps ha lanciato le immagini choc, preferiscono puntare il dito contro il nostro paese e l'Europa che secondo loro hanno abbandonato il soccorso in mare. L'ovvio risultato è che per evitare le tragedie deve pensarci la flotta umanitaria facendo sbarcare i migranti in Italia. Va bene lanciare l'allarme per i morti in mare, ma non certo dare via libera alle navi dei talebani dell'accoglienza.
Anche la tempistica del pugno nello stomaco fotografico non è mai scelta a caso. Le ultime foto escono in occasione del summit dei capi di governo Ue, che doveva affrontare il tema dell'emergenza migranti. Per di più le navi delle Ong, come Open arms, sono rallentate da fermi amministrativi e controlli. E a breve il Parlamento dovrà votare per rinnovare, o meno, le missioni in Libia compreso l'appoggio alla Guardia costiera che da gennaio ha riportato indietro oltre 9mila migranti. E pure le Nazioni Unite, con l'Alto Commissario per i diritti umani, chiedono alla Libia e all'Ue di modificare le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo.
Di fronte allo sdegno nessuno si chiede come siano saltate fuori queste foto. La portavoce di Open arms glissa, ma la spiaggia dei bambini annegati è vicina a Zuwara, principale hub di partenza dei migranti, dove comandano trafficanti e miliziani. Proprio i trafficanti avrebbero interesse a fare circolare le foto dei bambini annegati per vedere riapparire la flotta Ong davanti alle coste libiche. La costola dell'Onu per le migrazioni ha personale sul campo, ma non sapeva nulla delle immagini a tal punto che ha aperto un'indagine per capirne di più. La Mezzaluna rossa, l'equivalente musulmana della nostra Croce rossa, recupera spesso i cadaveri degli annegati, ma avrebbe potuto denunciare il naufragio senza aver bisogno di veicolare le foto attraverso Open arms.
A parte i dubbi, immagini del genere sono un'arma potente come nel primo caso emblematico del piccolo Alan Kurdi immortalato esanime su una spiaggia turca nel 2015. Pochi mesi dopo, anche grazie al drammatico scatto, la Ue siglò l'accordo di 6 miliardi di euro con la Turchia per fermare il flusso che arrivava da noi lungo la rotta balcanica. Giusto o sbagliato che sia il problema è stato risolto a suon di euro dai turchi bloccando non tutte, ma gran parte delle partenze.
Al coro dello sdegno partecipa una sfilza di campioni di pseudo buonismo, che non si rende conto della realtà: il problema va risolto a terra e non in mare, quando è troppo tardi.
Meno foto che ti fanno stringere il cuore e più fatti, che blocchino le partenze, garantiscano umanità nei centri di detenzione e riportino a casa i tanti migranti che vogliono uscire dall'inferno libico.I piani ci sono, ma nessuno ha la volontà di applicarli, in Italia e in Europa.
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