L'asse si è riformato. E a Bruxelles, come ha scritto il sito Politico, gli schieramenti in campo si sono fatti più netti: 25 paesi contro 2. Ovvero: tutta Europa contro Francia e Germania. Perché l'Europa non è in grado di funzionare se Parigi e Berlino non vanno d'accordo, ma lo stesso accade se il loro rapporto diventa troppo stretto.
Fino a qualche settimana fa il problema era il primo: tra Emmanuel Macron e Olaf Scholz il gelo sembrava totale. Il punto più basso si è raggiunto in autunno, quando fu annullato, evento rarissimo, l'annuale Consiglio interministeriale comune, che figura in calendario dal 2003. A dividere le sponde del Reno erano soprattutto le incomprensioni sulla guerra in Ucraina e la risposta ai problemi energetici con il fondo tedesco da 200 miliardi varato all'insaputa dei partner europei.
Le cose sono cambiate solo poche settimane fa, dopo le celebrazioni dei 60 anni del Trattato dell'Eliseo, in gennaio. E ora Parigi e Berlino sembrano muoversi in totale sintonia. Prima il viaggio dei ministri dell'Economia, il francese Bruno Le Maire e l'omologo tedesco Robert Habeck, che sono volati insieme a Washington per parlare del nuovo programma di aiuti di Stato americani, l'Inflation Reduction Act. Poi la cena a tre all'Eliseo: Emmanuel Macron, Olaf Scholz e l'invitato d'onore Volodymyr Zelensky, da cui sono rimasti esclusi tutti gli altri leader, sia pure con la scusa, formalmente corretta, della riproposizione del cosiddetto «formato Normandia» (Francia, Germania, Ucraina e a suo tempo Russia), al lavoro dal 2014 e che portò agli sfortunati accordi di Minsk.
A preoccupare i governi europei (certo non solo quello italiano) non è tanto l'Ucraina quanto la nouvelle vague sugli aiuti di Stato, su cui ora si vuole allentare la stretta, proprio in risposta al citato IRA americano. La dirigista Francia sul tema ha sempre morso il freno. La Germania negli ultimi anni era orientata su posizioni rispettose delle regole del libero mercato, ma ora, di fronte alla crisi del suo modello di sviluppo (energia a basso prezzo dalla Russia per esportare in Cina) sembra essersi convertita.
Il rischio è quello esemplificato dai dati resi noti dal Commissario europeo alla Concorrenza Margrethe Vestager: nei mesi del Covid, quando le regole sugli aiuti di Stato sono state provvisoriamente allentate, Francia e Germania, che hanno le tasche profonde, da sole hanno distribuito l'80% dei nuovi finanziamenti.
Una settimana fa Polonia, Danimarca, insieme a Ungheria e Slovacchia e praticamente a tutti gli altri piccoli Paesi hanno fatto circolare un
documento in cui si chiede alla Commissione «cautela» per i timori di «corsa ai sussidi» e «frammentazione del mercato interno». Ma la guerra è appena iniziata. Da una parte sono in tanti, dall'altra solo in due. Grandi, però.
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