Il gioco letale nelle pretese degli ayatollah

Il ruolo dell'Iran degli ayatollah fin dal 7 ottobre

Il gioco letale nelle pretese degli ayatollah
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È veramente una bella cosa che l'Iran abbia fatto sapere che è pronto a mandare dei suoi inviati ai colloqui di Doha (o del Cairo) di domani sulla liberazione dei rapiti. Che carini, che interesse umanitario senza confini. E soprattutto che abbia comunicato che nel caso si arrivi a quello che viene chiamato «un accordo» cioè a un cessate il fuoco, cioè alla capitolazione di Israele di fronte a tutte le richieste che consentano la sopravvivenza di Hamas, allora potrebbe anche decidere di non attaccare Israele. Oppure rimandare.

Cosa c'entra? È proprio qui il punto: c'entra sin dal 7 ottobre. Se c'era bisogno di una prova di quanto Hamas sia un dipendente prezzolato degli ayatollah, ecco che qui essi dimostrano di volere gestire tutta la commedia, dal primo giorno alla caduta del sipario. Naturalmente sulla loro vittoria. Hamas fa i suoi giochi pesanti anche in queste ore: ha detto che i colloqui non gli interessano, eppure lascia uno spiraglio; mette in bilico ma vellica l'ultima grande speranza degli Stati Uniti di portare a casa almeno la liberazione di almeno una parte dei rapiti con la pacificazione della Striscia. Così strano che non importi a Joe Biden che il prezzo è il perpetuarsi della Nukba, il trionfo della rete del male iraniana.

Adesso dunque con le sue improvvise uscite, mentre tutto il mondo aspetta i suoi missili su Israele e le navi da guerra americane muovono verso il fronte di guerra, l'Iran prende tutte le carte in mano, diventa il joker appropriandosi della vicenda dei rapiti. E mostra in che cosa consiste il gioco veramente: cioè fa capire agli Usa che se obbligano Israele a firmare la propria sconfitta, non trascinerà il fronte democratico, Biden e la Kamala Harris in una guerra grande, lunga, che metta in gioco il futuro politico americano. Ma se Hamas vince con il sostegno iraniano, completa un disegno in cui con il 7 ottobre ha ucciso e ferito migliaia di israeliani, creato profughi a centinaia di migliaia, distrutto terra e case.

Ora alla guerra psicologica della minaccia e al continuo invito americano all'appeasement, alla richiesta di non agire in base al principio di autodifesa, di ritorno alla sicurezza dei suoi cittadini, si unisce il salto a pie' pari di Iran nel gioco: dai a Hamas quel che chiede o ti copro di missili.

Mai è stato così evidente che quando Netanyahu afferma il punto indispensabile di una trattativa ragionevole e non disfattista che consenta la disfatta di Hamas difende non solo Israele, ma tutto il mondo dalla minaccia terrorista globale iraniana. Il resto è sconfitta. La proposta dell'Iran è in realtà un'ennesima minaccia di distruzione totale di Israele e oltre.

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