«Basta con la guerra e basta con la distruzione». L'esasperazione spinge i palestinesi a manifestare per le strade di Khan Yunis, la seconda città più grande della Striscia di Gaza, martellata dall'offensiva israeliana che, dopo aver puntato sul nord, sta tartassando il sud. Come gli abitanti di Deir al-Balah, nel centro della Striscia, che avevano protestato il giorno prima, anche loro chiedono la fine al conflitto dopo 110 giorni di disperazione e quasi 26mila morti e 64mila feriti. «La gente vuole un cessate il fuoco! Netanyahu e Sinwar, vogliamo un cessate il fuoco», urlano rivolgendosi sia al primo ministro israeliano che al capo di Hamas a Gaza, mentre le operazioni militari proseguono intense nell'area di Khan Yunis e Netanyahu promette: «Sradicheremo i nemici e la vittoria sarà totale». Ventiquattrore prima, l'Idf aveva mostrato in un video i rifugiati palestinesi di Rafah, al confine con l'Egitto, chiedere la liberazione dei rapiti, per poter tornare nelle proprie case a nord.
Nulla può essere escluso nell'enclave finora governata dal gruppo terroristico e le manifestazioni di ieri potrebbero anche far parte di un piano per il cessate il fuoco indotto da Hamas, che da giorni chiede a Israele lo stop definitivo delle ostilità, come condizione imprescindibile per la liberazione dei rapiti. Ma qui sembra una genuina disperazione a prevalere. Quel che è certo, infatti, è che i palestinesi sono allo stremo. E un nuovo episodio ha aggiunto orrore alla tragedia ieri. Venti palestinesi sono stati uccisi a Gaza City e almeno altri 150 feriti mentre erano in attesa di ricevere aiuti umanitari. Secondo Hamas, a colpire sarebbe stato l'esercito israeliano, ma l'Idf ha fatto sapere che sta verificando le circostanze. Secondo il ministero della Salute palestinese, controllato dai terroristi, molti feriti sono gravi e sono stati portati all'ospedale Al-Shifa, che è senza forniture mediche e a corto di personale.
Pessime e confuse notizie che si sommano a quelle di un attacco a un centro Onu per i rifugiati a Khan Yunis. Non ci sono ancora certezze sulla matrice dell'azione, Israele nega qualsiasi coinvolgimento, ma gli americani si dicono «seriamente preoccupati». Nella struttura, dove sarebbero rifugiati oltre 30mila sfollati, sono morte almeno 12 persone, ma le vittime potrebbero essere molte di più visto che i feriti sono 75. In questo frangente gli Stati Uniti hanno ricordato nuovamente ieri a Israele «la responsabilità di proteggere i civili» e la Finlandia che «il diritto all'autodifesa immediata di Israele è finito»: «I civili a Gaza hanno bisogno di assistenza umanitaria il più rapidamente possibile». Per fermare la strage e riportare gli ostaggi a casa, il presidente Biden invierà ancora in Europa, nei prossimi giorni, il direttore della Cia, William J. Burns, per trattare un'intesa mediata con Mossad, Egitto e Qatar.
Oggi la Corte internazionale di Giustizia si pronuncerà su eventuali misure di emergenza provvisorie per proteggere i palestinesi, dopo l'accusa di genocidio contro Israele, e potrebbe ordinare la sospensione del conflitto. Israele si dice fiducioso che i giudici respingeranno le accuse.
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