Non c'è politica tra i gusti del gelato: dovrà essere venduto anche tra gli insediamenti israeliani in Cisgiordania. A nulla sono valsi i tentativi del colosso dei gelati Ben & Jerry's che voleva bloccare la vendita dei suoi prodotti in Cisgiordania perché in conflitto con i suoi «valori fondamentali». Sconfitto in tribunale in nome della democrazia del gelato. Il giudice distrettuale di New York Andrew Carter ha infatti respinto la richiesta dell'azienda di un'ingiunzione preliminare per bloccare ogni accordo che consenta la vendita dei suoi prodotti in Cisgiordania, dove ci sono insediamenti israeliani.
Ben & Jerry's si era rivolto al tribunale nel tentativo di bloccare la decisione di Unilever, la società che la controlla, di vendere le sue attività in Israele al concessionario locale Avi Zinger's American Quality Products. Secondo Ben & Jerry's, la decisione viola il contratto di acquisto del 2000, quando Unilever l'ha acquistata consentendole però di mantenere un consiglio di amministrazione indipendente così da potersi concentrare maggiormente sui temi sociali. Il giudice ha respinto la richiesta mettendo in evidenza che Ben & Jerry's non è riuscita a dimostrare i danni che l'accordo le causerebbe.
Ben & Jerry ha annunciato lo scorso anno lo stop della la distribuzione dei suoi gelati nei «territori palestinesi occupati» nel rispetto dei suoi valori di carattere progressista ed egualitario. Non è la prima volta in realtà che Ben & Jerry's si mostra riluttante verso questa destinazione di vendite, palesando indirettamente una certa empatia verso il popolo palestinese.
Nel luglio 2021 l'azienda aveva annunciato il medesimo provvedimento, causate sempre da ragioni di natura etica, specificando che la misura sarebbe stata adottata solamente nei territori occupati della Cisgiordania, mentre le forniture sul resto dello stato ebraico sarebbero proseguite come da accordi.
La dichiarazione aveva immediatamente irritato il governo di Gerusalemme, il quale aveva apostrofato Ben & Jerry's come il primo «gelato anti-israeliano». La tensione non ha ovviamente fatto piacere alla Unilever, timorosa di possibili cali nelle vendite e nel fatturato proveniente da quella area geografica. Tali pressioni governative e aziendali avevano di fatto reso non applicativo l'annuncio del colosso gelatiero.
Ben & Jerry's ai giudici aveva affermato che l'azione legale era «essenziale per proteggere il marchio e l'integrità sociale che Ben & Jerry's ha costruito per decenni». E invece niente da fare. Il gelato si venderà ovunque e a chiunque. Una querelle che va avanti dall'anno scorso, da quando l'azienda aveva dichiarato che non avrebbe più operato in Cisgiordania a causa delle preoccupazioni sui diritti umani. La causa sostiene che la decisione di Unilever è stata presa senza il consenso del consiglio indipendente e viola un accordo che consente al marchio di proteggere i valori e la reputazione del suo fondatore. La mossa di Unilever è stata criticata la scorsa settimana da uno dei suoi azionisti, KLP, il più grande fondo pensione norvegese.
Kiran Aziz, il capo degli investimenti responsabili del KLP, ha dichiarato: «Sfortunatamente, Unilever si è piegata alle pressioni e sta mettendo profitti sui diritti umani in netto contrasto con Ben e Jerry's, che hanno preso una posizione di principio contro l'occupazione illegale e brutale del governo israeliano». Non certo dello steso avviso il premier israeliano Yair Lapid che dice soddisfatto: «Una vittoria contro l'odio».
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