Milano. Nel caso dell'accusa di stupro a carico di Alberto Genovese e di una vittima 18enne drogata a forza, ammanettata, seviziata e abusata ripetutamente per 24 ore (stando all'inchiesta e ai video finiti agli atti) spunta una «guerra» tra avvocati. I legali Luca Procaccini e Saverio Macrì, che assistevano la ragazza, hanno comunicato in una nota di aver rinunciato all'incarico. Lo stesso vale per il pool di psicologi che la seguiva.
Genovese si trova in carcere ed è accusato di violenza sessuale aggravata, lesioni, sequestro di persona e spaccio di droga. I fatti sarebbero avvenuti tra il 10 e l'11 ottobre nella casa dell'imprenditore in centro a Milano durante una festa. I due legali uscenti spiegano di aver deciso di lasciare dopo un servizio andato in onda a Quarto Grado venerdì in cui si parlava di un pranzo, che si sarebbe tenuto il 28 novembre in un ristorante cittadino, tra la vittima e un suo amico e tre persone della cerchia di Genovese (tra l'altro violando le norme anti Covid). Dopo il pranzo la 18enne si sarebbe recata nello studio di un altro legale, Luigi Liguori. «Le notizie riportate nell'ambito della trasmissione televisiva Quarto Grado - attacca l'avvocato Procaccini - che riportano di contatti intervenuti sabato scorso tra l'assistita e persone dell'entourage di Genovese, vere o false che siano, ma che vanno lette unitamente ad una ulteriore serie di circostanze, hanno fatto assumere a me e al collega Macrì la determinazione di non volere più far parte della difesa della giovane». Luigi Liguori è in effetti il nuovo legale della vittima, la sua nomina è datata 30 novembre. Ma è stata una rinuncia dei vecchi legali o una revoca decisa dall'assistita? Su questo punto è giallo. Liguori è molto conosciuto a Milano, anche se poco mediatico. Ha seguito (oltre a Nina Moric) casi importanti come Mediatrade, lo schianto sul Pirellone, la strage di Linate, Telecom, i morti per Amianto alla Scala. «Non c'è alcun collegamento tra il mandato che ho ricevuto dalla giovane e un pranzo misterioso», sottolinea. Secondo fonti legali, la ragazza non si sentiva tutelata nel modo più appropriato, vista la piega che stava prendendo tutta la vicenda. Da qui la volontà di affidarsi ad altri.
«C'è stato un cambio repentino, senza neppure consultarci - ribatte l'avvocato Macrì -. Ci è stato chiesto di rimanere nel collegio difensivo, ma dopo la rivelazioni in tv abbiamo preferito prendere le distanze. Noi abbiamo sempre messo al primo posto il bene della nostra assistita, pensando da subito a trovare professionisti che la curassero e sostenessero. Ma intorno a lei gravita troppa gente...
Non abbiamo nulla da rimproverarci, abbiamo fatto il meglio per lei. Per quanto ci riguarda, eravamo pronti a un percorso di giustizia, a un processo. Non ci sono certo i presupposti per parlare di accordi con l'indagato».
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