Stilettate taglienti e inviti piuttosto diretti a una maggiore collaborazione. Il governo, attraverso la voce dei suoi due vicepremier mette nel mirino il commissario europeo italiano Paolo Gentiloni, alla vigilia del delicato braccio di ferro con Bruxelles sulla revisione del Patto di Stabilità.
Dopo l'affondo di Matteo Salvini di due giorni fa «ho avuto l'impressione di avere un commissario europeo che gioca con la maglietta di un'altra nazionale» arrivano le dichiarazioni di Antonio Tajani. I toni sono diversi, la cifra comunicativa è più soft, coerente con il personaggio, ma la sostanza non è poi troppo diversa, in una sequenza polemica che lascia intendere che le parole del leader della Lega non sono una voce dal sen fuggita, ma il segno di un malumore che inizia a emergere dentro l'esecutivo. «Le critiche a Gentiloni le ha fatte Salvini». È la premessa di Tajani che conosce il commissario agli Affari Economici fin dai tempi della comune frequentazione dell'istituto Tasso di Roma. Ma subito dopo parte l'invito a tenere conto «di essere anche il commissario italiano» e «avere una visione che non sia quella dei Paesi rigoristi per quanto riguarda la riforma del Patto di stabilità e crescita». Rilievi che da tempo il ministro degli Esteri rivolge anche alla Bce, criticando la politica di rialzo dei tassi che sta soffocando l'economia italiana.
Soltanto il 23 agosto il titolare della Farnesina, peraltro, aveva dichiarato: «Il rigore sul Patto di Stabilità non ha più senso, sono convinto che Gentiloni ci tutelerà». Una convinzione che evidentemente si è stemperata nelle ultime due settimane. L'«uno-due» di Salvini e Tajani accende naturalmente una aperta polemica con l'opposizione. Da Irene Tinagli a Debora Serracchiani fino a Roberto Gualtieri sono tanti gli esponenti del Pd che difendono il commissario. Interviene anche Carlo Calenda che definisce Gentiloni una «persona perbene, con senso delle istituzioni. Salvini non ha nessuna credibilità».
Il governo e la maggioranza però non stemperano i toni. Giorgia Meloni in serata in conferenza stampa usa il fioretto. «I commissari europei, pur rappresentando le nazioni, quando svolgono il loro incarico rappresentano l'Ue. Poi è vero che da quando ogni nazione ha un commissario accade che abbia un occhio di riguardo. Penso che sia normale e giusto e sarei contenta se accadesse di più per l'Italia». Più duro l'azzurro Paolo Barelli. «La sensazione che hanno i vertici del nostro governo è che non ci sia un grande aiuto e sostegno. Se fosse così sarebbe molto grave». Fratelli d'Italia riprende la metafora della «maglietta». «Io sono d'accordo con un principio per cui sia maggioranza che opposizione che figure terze quando sono in consessi in cui l'Italia merita rispetto devono giocare con la maglia dell'Italia» dice Tommaso Foti. Ci va giù duro, invece, Marco Zanni, europarlamentare della Lega. «Altro che difendere l'interesse nazionale, ancora una volta il Pd e i suoi esponenti lavorano contro l'Italia».
Informalmente fonti governative fanno capire che il governo si sarebbe aspettato da Gentiloni un atteggiamento più collaborativo sul Patto di Stabilità, anche con qualche uscita pubblica, così come sarebbe stato gradito un maggiore aiuto ad oliare alcune rigidità della
Commissione sul Pnrr. «Finora ci siamo arrangiati. Nei rapporti con gli altri commissari Gentiloni segue una logica di compartimenti stagni. Diciamo che fa il compitino, di certo non si espone molto per aiutare il governo».
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