Il giallo degli sms fantasma. Ma c'è chi giura: "È un bluff"

Lo staff dell'ex premier: ci sono pure gli screenshot. Draghi però nega. L'ira di Grillo per la spy story

Il giallo degli sms fantasma. Ma c'è chi giura: "È un bluff"

«Abbiamo le prove», insistono dallo staff di Giuseppe Conte. «Macché, è l'ennesimo bluff», ribattono i tanti grillini - anche contiani - che non credono alla storia dei messaggi whatsApp tra Beppe Grillo e Mario Draghi. Dopo il giallo delle telefonate, il mistero delle chat. E sì perché, stando alle voci che filtrano dall'entourage dell'ex premier, non ci sarebbero soltanto le chiamate tra l'Elevato e il presidente del Consiglio, ma gli sherpa dell'ex avvocato del popolo italiano custodirebbero anche gli screenshot dei presunti messaggini che si sarebbero scambiati Draghi e Grillo. Contatti durante i quali il premier, addirittura, avrebbe chiesto al Garante di aderire alla scissione di Luigi Di Maio con l'obiettivo di isolare Conte. Almeno è questa la ricostruzione pubblicata dal Fatto Quotidiano di giovedì mattina.

Un'ampia fetta dei 5 Stelle reagisce alle indiscrezioni con una grassa risata. Una fonte pentastellata di primo livello, con entrature a Palazzo Chigi, commenta la storia dei messaggi con un misto di sarcasmo e indignazione. «Secondo me si tratta dell'ennesimo spin - riflette la fonte del Giornale - ma il problema principale è che sarebbe molto grave se Conte avesse queste conversazioni, perché saremmo in presenza di una violazione della privacy e di un'intrusione nella corrispondenza privata del presidente del Consiglio». Quel che è certo, in ambienti pentastellati, è che Draghi e Grillo si sentono regolarmente. Una o due volte al mese, a seconda dell'attualità politica e delle fibrillazioni all'interno del Movimento. E quel che è sicuro è anche che tra i due ci sia una certa intesa. E nel M5s non ci sono dubbi nemmeno su un altro fatto: «Beppe non vuole uscire dal governo e non vuole l'appoggio esterno». Eccola, la voce che arriva dai gruppi stellati. Una truppa ancora divisa tra governisti e anti-Draghi.

In Parlamento i grillini raccontano che Grillo, durante tutti e tre i giorni di permanenza a Roma, è stato continuamente oggetto di pressioni intense da parte di molti parlamentari, in maggioranza senatori, che durante gli incontri gli hanno chiesto di uscire dal governo. Richieste a cui il fondatore ha sempre risposto picche. Fino a quando si è inferocito per l'intervista del sociologo Domenico De Masi al Fatto Quotidiano e poi per la storia delle prove e dei messaggi. Una spy story che disturba e non poco il comico genovese, perché rischia di minare il rapporto di fiducia costruito con Draghi. «È ovvio che se Conte continua a dire che ha le prove dei messaggi vorrebbe dire che sarebbe stato Beppe a fornirgli queste prove», chiosa un parlamentare vicino al Garante. Ma l'Elevato è già nero con l'avvocato di Volturara Appula perché ritiene di essere stato utilizzato come una pedina nello scontro tra l'ex premier e il suo successore a Palazzo Chigi. Nel M5s c'è anche chi sostiene che il post di Grillo contro i traditori pubblicato ieri pomeriggio sul Blog sia un messaggio rivolto a Conte, De Masi e Marco Travaglio, più che al ministro degli Esteri scissionista. «Su Di Maio non avrebbe reagito così a scoppio ritardato, su quello ha già commentato», dicono da un Movimento in ebollizione. Resta il fatto che nessuno, né Grillo né Draghi, abbia mai smentito che ci siano state delle telefonate. Mentre, per quanto riguarda i messaggini, il presidente del Consiglio ha sfidato Conte: «Se ha le prove vediamole».

E poi ci sono i buchi nella storia di De Masi. Il sociologo, contattato dal Giornale, non risponde né alle telefonate né alle richieste di chiarimento su whatsApp. All'interno del multiforme universo pentastellato non manca chi nota le discordanze nelle versioni fornite dal professore al Fatto Quotidiano e a Un Giorno da Pecora. Al quotidiano di Travaglio De Masi ha spiegato che Draghi avrebbe chiesto a Grillo di rimuovere l'ex premier e che gliel'avrebbe detto il comico.

Su Rai Radio1, il giorno prima, De Masi ha chiamato in causa i senatori, che gli avrebbero riferito che il Garante negli incontri con i parlamentari avrebbe rivelato: «Draghi parla male di Conte». Da uno vale uno a un pettegolezzo tira l'altro.

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