«La nostra amata Amministrazione celebra in questo mese il suo 170° anniversario dalla fondazione. Era il lontano 1852 quando iniziava quel lungo percorso di impegno e servizio che, attraverso numerosi passaggi di testimone, è giunto fino ai nostri giorni con la Polizia di Stato».
Dalle parole del prefetto Lamberto Giannini (a sinistra nella foto, ndr) nominato capo della polizia, direttore generale della pubblica sicurezza il 4 marzo 2021, traspare l'emozione ma anche l'apprezzamento dello spirito di sacrificio per tutti i suoi uomini e le sue donne impegnati ogni giorno nella tutela della sicurezza.
«Una storia che si è intrecciata con quella del nostro Paese. È stato un lungo percorso interpretato da tante generazioni di poliziotti che nel tempo, con le loro storie, hanno animato la nostra Istituzione. Storie di vita quotidiana, che, come tante piccole tessere, hanno composto il mosaico di una storia più grande. Ed è questa lunga storia oggi, 12 aprile, vogliamo festeggiare. Lo faremo, però, con i nostri cuori spezzati dagli echi di guerra che in questi giorni provengono da Est, ma pronti e disponibili ad accogliere con umanità chi fugge da terrore e violenza».
A questo punto gli chiediamo, in riferimento al tema dei problemi e delle bande giovanili sviscerato in questa pagina, come possa concretamente la Polizia di Stato, a 170 anni dalla sua fondazione, in un mondo tanto cambiato e prostrato dalla pandemia, e al di là delle proprie attività di prevenzione e repressione, contribuire alla crescita di una sorta di «meglio gioventù», che tra l'altro andrà anche a rinforzare proprio le fila di questa istituzione?
«La Polizia di Stato può garantire le migliori condizioni per la libera manifestazione del pensiero, anche consentendo l'espressione della sana voglia dei giovani di contestare, in modo da contribuire allo sviluppo di una loro coscienza critica» spiega il prefetto Giannini.
E continua: «Si tratta di un lavoro che, tuttavia, deve avvenire in modo sinergico con altri attori sociali - come la scuola, l'università o le stesse famiglie che devono contribuire a fare in modo che i giovani possano sviluppare uno spirito che ancorché critico non sia viziato da modelli negativi orientati alla violenza e alla sopraffazione, e allora si che si potrà parlare di una meglio gioventù».
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