Giochi di potere

Oggi via alle Olimpiadi in Cina, con Putin intese su energia e Ucraina: "Noi vicini sui problemi del mondo". Macron chiama Biden: "Risposte coordinate". Scholz va in Russia, Erdogan a Kiev.

Giochi di potere

Giochi di potere. Sono quelli olimpici invernali che si aprono oggi a Pechino, ma anche le mosse di geopolitica che vi si svolgono attorno. Con l'occasione specialissima che il presidente cinese Xi Jinping coglie per propagandare l'asserita superiorità del suo sistema autocratico su quello democratico dei rivali occidentali. Con le mosse dei leader mondiali presenti alla cerimonia di apertura, solo 25 capi di Stato tra cui Al Sisi e Bin Salman, tra i quali spicca, assai più che simbolicamente, il presidente russo Putin, e quelle di coloro che hanno scelto di far risaltare invece la propria polemica assenza, primo fra tutti il numero uno degli Stati Uniti Joe Biden.

Sullo sfondo c'è la grave crisi che con il pretesto dell'Ucraina vede contrapposta la Russia agli americani e ai loro alleati europei in un inquietante revival di guerra fredda che potrebbe degenerare in un folle conflitto vero su suolo europeo. Una crisi con diverse potenziali ricadute: una è il rischio di natura militare appena citato, ma ancor più rilevanti sono quelle di natura finanziaria, generate dalle minacciate super sanzioni occidentali a carico dell'élite di potere russa. Ricadute contro cui Putin e Xi hanno ormai chiarito di voler fare fronte comune.

Ma partiamo dall'odierna apertura dei Giochi. Il presidente cinese vanterà il fatto che Pechino è la prima città al mondo a ospitare, nell'arco di pochi anni, sia le Olimpiadi estive sia quelle invernali. Lo presenterà come un riconoscimento del potere della sua Cina, che lui ha promesso di trasformare in massima potenza mondiale entro i prossimi 25 anni. Una Cina dal sistema orgogliosamente diverso da quello occidentale, e che anzi pretende di contrapporvisi sfidandolo. La sua formula di dittatura di un solo partito, meritocrazia tecnocratica e confucianesimo paternalista è il cosiddetto Teorema di Xi, secondo cui non c'è al mondo sistema politico più stabile ed efficiente. Affermazione assai opinabile (in Cina gli uomini di potere non rispondono in alcun modo al popolo, ma solo al Capo, che li sceglie più in base alla fedeltà che all'efficienza, coprendone gli errori come nel caso dell'ex vicepremier Zhang Gaoli accusato di violenze sulla tennista Peng Shuai), ma che rappresenta appunto una sfida, sempre più esplicita, al nostro mondo libero.

Una sfida che Putin ha raccolto scegliendo di schierarsi accanto a Pechino. Il presidente russo, alla vigilia dell'apertura dei Giochi, è stato chiarissimo: «Abbiamo la stessa visione dei problemi del mondo», «La Cina è il nostro partner nell'arena internazionale», ha detto, pur precisando che questa alleanza non è ideologica e «non è rivolta contro nessuno». É un'alleanza fondata su una comunanza di interessi e una (inquietante) somiglianza di metodi, all'interno come all'estero. Gli accordi che Putin e Xi sigleranno a Pechino vanno ben oltre l'aspetto commerciale, pur importante con l'annunciata crescita dell'interscambio e la volontà di raddoppiare le forniture di gas russo alla Cina: l'aspetto di gran lunga più importante riguarda l'ambito finanziario. Stati Uniti e Gran Bretagna (e con minori gradi di convinzione i Paesi dell'Ue) minacciano sanzioni micidiali a carico della Russia e in particolare del cerchio magico del potere putiniano se l'Ucraina verrà attaccata, e il piano russo-cinese prevede di reagire alla più dura di esse (l'espulsione della Russia dal sistema bancario internazionale imperniato sul dollaro americano) creando un sistema alternativo riferito alle loro valute.

È certo che l'Occidente dovrà fare fronte a questa nuova realtà. Intanto la «crisi ucraina» continua, con oltre centomila militari russi ammassati ai confini meridionali, con Biden che denuncia un piano di Mosca già pronto per attaccare l'Ucraina con il pretesto di una falsa aggressione subita e che manda alla spicciolata militari Usa a tranquillizzare gli alleati Nato est europei. Ma c'è anche una fitta attività diplomatica. Ieri era a Kiev, accolto come un amico dal collega Zelensky, il presidente turco Erdogan, che ha buoni rapporti anche coi russi e offre la sua mediazione.

Il francese Macron, che ha chiesto a Biden «misure coordinate» potrebbe andare a Mosca per conferire con Putin, e lo stesso anticipa il Cancelliere tedesco Scholz. Al quale, però, il Cremlino ha mandato un siluro alla Le Carré: per rappresaglia alla chiusura in Germania della tv russa RT, è stata bloccata l'attività in Russia dell'emittente tedesca Deutsche Welle.

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