
«Minimizzare l'impatto sul debito pubblico», senza toccare «sanità e servizi» ai cittadini. E soprattutto capire le reali «necessità» dell'Italia per rispondere al «ReArm Europe». Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, reduce da due giorni di Ecofin con i colleghi Ue, spiega alla Camera la linea del governo di fronte al sentiero stretto tra i conti dello Stato e il piano di riarmo europeo annunciato dalla Commissione. E sui dazi trumpiani avverte: «Potrebbero danneggiare l'economia italiana come quella europea e, con effetto a catena, il commercio globale».
Dopo le indiscrezioni che avevano fatto filtrare una certa perplessità del titolare del Mef per le conseguenze sulla spesa pubblica della spinta europea agli investimenti militari, il ministro conferma un atteggiamento di prudenza: «Invece di sparare cifre a priori, dobbiamo sapere quali sono le vere necessità degli investimenti militari e il ministro Crosetto ci sta lavorando». Se l'obiettivo fissato dalla Nato, «e siamo tenuti seriamente rispettarlo», è arrivare al 2% del Pil, «occorre distinguere tra i bisogni immediati dell'Ucraina e la necessità di difesa e sicurezza in Europa che richiede un ragionamento di lungo periodo». Non solo, la strategia italiana dovrà anche tenere conto della capacità di risposta dell'industria nazionale. Di certo, ci sono dei limiti: «Per il governo il finanziamento della difesa non potrà avvenire a scapito di settori fondamentali per i cittadini». Il che significa un controllo oculato della spesa per riamare il Paese, anche se, come proposto da Von Der Leyen, le somme dovessero essere svincolate dal Patto di Stabilità. Una richiesta fatta più volte in passato dall'Italia, ed è «positivo», afferma Giorgetti, che la Commissione la abbia recepita. Tuttavia per l'esecutivo «la flessibilità» non deve «compromettere la sostenibilità delle finanze». Un aumento del debito, infatti, metterebbe i Paesi più esposti, e in prima linea c'è l'Italia, «in una posizione di debolezza e rischierebbe di compromettere la stabilità finanziaria dell'area euro». È un monito, dunque, a ponderare con cura le prossime mosse. Per questo, insiste il ministro, bisogna premere su Bruxelles per attivare lo strumento del debito comune, Invest Eu: «Si tratta di un fondo di garanzia in più tranche, che ottimizza l'utilizzo delle risorse nazionali ed europee, con l'obiettivo di convogliare in modo più efficace i capitali privati. Un fondo di garanzia di circa 16,7 miliardi di euro potrà mobilitare fino a 200 miliardi di investimenti industriali aggiuntivi». Ma in Aula Nicola Fratoianni, Avs, attacca le divisioni sul piano europeo, e «l'imbarazzo di un ministro che aderisce ad un partito (la Lega, ndr) che ha appena votato contro ciò che lui sta difendendo». Rincara Angelo Bonelli: «Cosa volete far credere agli italiani? Che nessuno pagherà il prezzo di queste scelte economiche scellerate?».
Nel frattempo l'Europa e l'Italia studiano le contromisure ai dazi trumpiani. Secondo Giorgetti, «nessuno può prevedere quello che ci aspetta», e una «guerra commerciale non conviene a nessuno».
Però, sottolinea, «questa è forse l'occasione per far nascere un Wto più trasparente e a parità competitive tra imprese che rispettano le normative ambientale e sociali, rispetto a quelle che magari sussidiate dallo Stato sono in grado di spazzarti via dal mercato senza colpo ferire».
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