Mes pieno, Mes vuoto. L'Italia si rifiuta di bere il calice amaro del Meccanismo europeo di stabilità, o quanto meno non adesso. «A breve è impossibile. A lungo dipende», ha fatto capire all'Eurogruppo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Ma senza la ratifica di tutti e venti i Paesi dell'area euro (manca solo l'Italia) restano nel cassetto i teorici 704,8 miliardi disponibili del cosiddetto Fondo salva-Stati, da prestare ai Paesi in crisi con linee di credito o acquisti di titoli di Stato. Sono considerati troppo severi i paletti imposti a chi è in bolletta dalla riforma negoziata dal governo Conte 1 e firmata sotto il Conte 2, perché incidono su spesa pubblica e imposizione fiscale. Lo si è visto in passato in Irlanda, Grecia, Spagna, Cipro e Portogallo.
Non è (solo) un problema di governance, del ruolo della Bce o del potere di veto dei ministri delle Finanze di Francia e Germania, principali finanziatori del Mes con l'Italia terzo contribuente. Giorgetti vorrebbe trasformarne la natura in una sorta di «fondo sovrano in tema per esempio Difesa, evitando che gli Stati debbano indebitarsi», ha detto il responsabile di via XX Settembre, secondo cui «la discussione, appena abbozzata, ha già incontrato molte resistenze». Per la prima volta il direttore del Mes Pierre Gramegna ha fatto delle aperture «recependo evidentemente anche delle critiche che abbiamo sempre fatto noi», ribadisce Giorgetti.
I Paesi «frugali» come l'Olanda non mollano di un centimetro, nonostante gli sforzi del presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe. In Parlamento la maggioranza dei «sì» non c'è, come è già successo il 21 dicembre 2023 quando il Mes è stato bocciato in Aula. «Chiedere una ratifica ora è come buttare sale in una ferita, non ci sono molte speranze di ratificarlo a breve», ribadisce Giorgetti. Un giro di parole che non disinnesca la bomba lanciata prima da Matteo Salvini, secondo cui «il Mes è una follia europea. Se lo approvino loro, non ci serve».
L'opposizione ne approfitta. «Se c'è una ferita non rimarginata è quella aperta dalla destra populista tra il nostro Paese e il resto d'Europa», dice il senatore Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, che chiede al Parlamento di rivotare. «Che Roma non mantenga un impegno per pure ragioni elettorali e ideologiche, ci fa perdere autorevolezza e credibilità», sentenzia Benedetto Della Vedova di +Europa. Mentre Luigi Marattin di Italia Viva prova a stanare Forza Italia, che sulla ratifica si è astenuta: «Neanche il più estremista dei blogger sovranisti solleva anche solo un millesimo delle scemenze populiste sostenute da governo e maggioranza», dice il renziano.
Il fatto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel Consiglio europeo informale di lunedì 17 giugno, non sia stata coinvolta nei negoziati sulle cariche apicali della prossima Commissione non aiuta, anche in vista dell'apertura della procedura per deficit eccessivo formalizzata nel prossimo Ecofin del 16 luglio. A spanne servirà una correzione di 10-12 miliardi l'anno - lo 0,5-0,6% del Pil - e una manovra che parte da 20 miliardi solo per rifinanziare le misure già in essere quest'anno.
Negli incontri all'Eurogruppo l'Italia si è detta disponibile a ratificare il Mes se ci fosse un impegno unanime a riformarlo subito dopo. «Ma c'è un fronte molto consistente assolutamente contrario», ha ribadito invece il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.