«La foto di gruppo no», la prossima volta meglio evitarla.
All'indomani della doccia gelata in Liguria, il centrosinistra guarda con crescente ansia al secondo giro di Regionali autunnali, e in particolare all'Umbria, dove «la partita è tutta aperta ma l'aritmetica elettorale non ci favorisce». E al Nazareno si pensa di lasciar cadere l'idea, su cui si stava lavorando, di una manifestazione di chiusura con tutti i leader sul palco attorno alla candidata dem, la sindaca di Assisi Stefania Proietti. In parte scaramanzia, in parte la crescente sensazione che la strategia di alleanza a tutti i costi con i grillini (o ex tali) proprio non funzioni. «Dopo nove sconfitte consecutive, forse è ora di chiederci se Giuseppe Conte non lavori a farci perdere. A lui di una coalizione di cui non è il leader non frega nulla», osserva un dirigente Pd. L'elenco è stato compilato da Youtrend proprio ieri: il voto regionale ligure è il nono, dal 2019, in cui Pd e M5s, alleati in diverse combinazioni, perdono. L'unica eccezione, per un soffio e per errore della controparte sul candidato, è stata la Sardegna.
Il sospetto di un boicottaggio da parte 5S («Ha scelto di aprire la resa dei conti con il ligure Grillo a pochi giorni dal voto in Liguria, ma vi pare normale?») non risolve comunque il problema che spaventa i dem: il partito va bene, ma da solo non basta, e l'alleanza non c'è. Peraltro, sulla forza del medesimo Pd già si intravedono le tensioni interne tra segretaria e candidato ligure: Andrea Orlando denuncia una «assenza di regia» (da parte della leader Pd) e di una coalizione « modello cubo di Rubik». E rivendica «l'effetto trascinamento» della sua candidatura rispetto alla lista Pd, e i 13mila voti in più ottenuti rispetto alla coalizione. Come dire: se qualcosa non ha funzionato, è stato a Roma e non qui.
Una seconda battuta d'arresto in Umbria farebbe esplodere le polveri nel Pd, dove già iniziano le polemiche sulle scelte (o non scelte) di Elly Schlein. Tanto più visto che l'analisi dei flussi dell'Istituto Cattaneo conferma che l'estromissione di Iv su mandato contiano è stata fatale a Orlando. «Una lunga serie di sconfitte ci pone interrogativi», dice l'ex capogruppo Debora Serracchiani, che lamenta «l'interdizione» subita da Conte su Matteo Renzi e invita a ripensare «il rapporto con i moderati» se non si vuole «regalarli a Forza Italia». Secondo Simona Malpezzi «i veti sono incomprensibili, nocivi e deleteri». Per Alessandro Alfieri, la sconfitta «brucia», tanto più che «si partiva da una situazione a noi favorevole». È stato «un errore politico» accettare un veto «che è stato letto come un no alla parte centrista della coalizione». Insomma, è il messaggio dell'ala riformista, un Pd già assai sbilanciato a sinistra, e per di più condizionato da 5S e Avs, rischia di non avere chance nella futura gara per il governo. Senza contare, ricorda il sindaco di Milano Sala, «che esiste una questione Nord» che il centrosinistra non riesce ad affrontare: «Mi preoccupano la consistenza e la competitività dell'alleanza, appiattita su 5S e palesemente deficitaria di una forza centrale moderata, riformista e pragmatica», che sappia parlare all'elettorato settentrionale.
Elly Schlein aggira il problema, raccomanda di pensare solo all'Umbria e sta sulla difensiva: «Io non ho mai speso un minuto in polemiche e competizioni con le altre opposizioni». Ma Enzo Amendola sfida: « Non è tempo di nascondersi, serve un progetto politico credibile a Roma come sui territori».
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