Ci sono quattro indagati nell'inchiesta sulla tragedia del Natisone, il fiume friulano dove lo scorso 31 maggio morirono, travolti dalla piena conseguenza di una violenta ondata di maltempo che aveva colpito la zona, tre giovani che stavano facendo una gita lungo le sponde del corso d'acqua, nei pressi del ponte romano di Premariacco, in provincia di Udine. Non si tratta dei vigili del fuoco che hanno cercato eroicamente di salvare i ragazzi, anche buttandosi in acqua e sfidando la corrente, ma del personale che ha gestito il protocollo di emergenza. Di coloro che hanno risposto alle chiamate effettuate da una delle vittime - mentre cercava di tenersi a galla, stretta ai suoi amici, su un isolotto in mezzo al fiume che ancora non era stato sommerso completamente dalle acque impetuose - prima di smistarle alle centrali competenti. Si tratta di tre vigili del fuoco, un capoturno e due addetti della centrale operativa di Udine, e un operatore della Sores, la sala operativa regionale per le emergenze sanitarie. Le vittime, Patrizia Cormos di 20 anni, Bianca Doros di 23 e Cristian Molnar di 25, morirono annegate e i loro corpi furono trovati nei giorni successivi. Cristian era un operaio romeno ed era venuto in Italia per passare qualche giorno con Bianca, la sua fidanzata, che era ad Udine con l'amica Patrizia. Proprio quel giorno Patrizia aveva superato un esame all'università e i tre avevano deciso di festeggiare facendo una gita lungo il fiume.
La svolta nell'inchiesta è arrivata a sei mesi di distanza, dopo un'indagine capillare per ricostruire quei drammatici momenti in cui, oltre ad ascoltare numerosi testimoni, gli investigatori hanno passato al setaccio i tabulati e le registrazioni delle telefonate partite dal cellulare di Patrizia, che a più riprese chiamò il 112 chiedendo disperatamente di essere salvata mentre le acque del Natisone continuavano a salire. E anche le comunicazioni tra la centrale operativa sanitaria Sores del Friuli Venezia Giulia, a cui appartiene l'indagato del comparto sanitario, e quella dei pompieri. La procedura prevede che l'operatore del numero unico di emergenza registri le richieste di soccorso per poi girarle alle centrali interessate dall'intervento, sanitarie o dei vigili del fuoco. I magistrati ipotizzano, tra le altre cose, anche un ritardo nell'invio dei soccorritori sul luogo della tragedia e vogliono accertare se con una gestione diversa dell'emergenza i ragazzi si sarebbero potuti salvare. Già domani in Procura a Udine è in programma il primo interrogatorio di garanzia per gli indagati che il giorno della tragedia erano al lavoro nelle rispettive centrali operative. È difficile, però, che i quattro decidano di rispondere alle domande del magistrato perché in questa fase preliminare dell'inchiesta i rispettivi avvocati non hanno ancora accesso al fascicolo con le carte sulle quali si basano le accuse.
Il Dipartimento dei vigili del fuoco ha espresso massima fiducia nell'operato della magistratura per l'accertamento delle responsabilità, «nella consapevolezza che si tratta di un atto a tutela dei diritti del cittadino indagato e riconoscendo le grandi capacità tecniche e professionali di tutti gli operatori del Corpo nazionale».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.