"Dopo vent’anni mi chiedo se quella decisione sia stata giusta. E ho qualche rimorso. Non intendo dire che Craxi fosse innocente. La Cassazione ha confermato la sentenza di condanna. Ma mi chiedo se non ci potesse essere più umanità nei confronti di un uomo sconfitto. Se il legislatore e il potere giudiziario non potessero trovare una soluzione per consentirgli di curarsi in Italia e di affrontare il processo da uomo libero. O quanto meno da uomo sano. Averlo costretto a rimare in Tunisia gli ha probabilmente accorciato la vita". A dirlo è Francesco Caringella, 49 anni, giudice, membro del Consiglio di Stato e autore del libro "Non sono un assassino". A 26 anni è diventato giudice della settima sezione penale di Milano negli stessi giorni in cui esplodeva Mani pulite.
In una intervista a Libero, Caringella bacchetta l'operato delle toghe ai tempi di Mani pulite: "L’inchiesta era sacrosanta, ma ci sono state alcune forzature. Forse i magistrati non potevano prevedere il consenso popolare che accompagnò il loro lavoro e alcuni sono stati ubriacati da quell’improvviso successo. Alcuni pm si sono trovati nei panni dei divi e hanno dovuto fare i conti con la loro vanità e le loro ambizioni personali". Poi punta il dito contro Antonio Di Pietro: "Ho letto i suoi interrogatori e ho capito che con quel suo fare poliziesco avrebbe fatto confessare pure un innocente, persino un santo. Ma era anche simpatico. Mi ricordo che una volta si rivolse alla corte con un saluto militare, battendo i tacchi".
Caringelli poi critica il processo penale e la lentezza della macchina della giustizia: "In Italia, per un eccesso di garantismo, abbiamo un secondo grado che è la replica del primo. A cosa serve? Allunga i tempi e ribaltando le sentenze crea sconcerto nei cittadini. Siamo l’unico paese con tre gradi di giudizio e due diversi collegi che fanno lo stesso lavoro non avvicinano alla verità, ma allontanano. Dopo la condanna in appello per Amanda Knox e Raffaele Sollecito, mi ha telefonato persino mia madre per chiedermene conto". E sui processi mediatici: "Il peggio possibile.
Non immagina quanto possano condizionare un magistrato che si trova a decidere su un fatto già giudicato mille volte in tv da colleghi togati, giornalisti, esperti vari. L’animo umano ha la tendenza a uniformarsi e una sentenza già scritta dai media è dannosissima".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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