Il giudice girava in bicicletta nel tribunale. Assolto perché "soffriva di mal di schiena"

La sezione disciplinare del Csm salva la toga di Torino: "Così evitava il ricorso al congedo per malattia"

Il giudice girava in bicicletta nel tribunale. Assolto perché "soffriva di mal di schiena"
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Assolto perché «aveva mal di schiena»: così la bicicletta era il mezzo migliore per andare dall'ufficio all'aula di tribunale, sfrecciando per il grande cortile e anche per i corridoi del Palazzo di giustizia di Torino.

Nel catalogo - spesso colorito - dei giudici assolti dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, entra di diritto anche P.B., che fino all'anno scorso lavorava alla sezione penale del tribunale del capoluogo piemontese. E che era stato denunciato al Csm dal suo superiore diretto, il presidente del tribunale, perché «percorreva abitualmente in bicicletta i corridoi del tribunale, nonostante l'ingiunzione a lui rivolta affinché cessasse dal persistere in tale comportamento, palesemente contrario al decoro e all'immagine dell'ufficio».

Che gli avvocati e gli imputati in attesa di giudizio lo vedessero arrivare in aula pedalando, era stato ritenuto nocivo al prestigio della toga. Al giudice a due ruote il suo capo contestava anche la violazione del codice della strada, «che non consente l'utilizzo di veicoli in spazi strutturalmente interdetti alla circolazione stradale», nonché la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.

Anche dopo avere ricevuto la diffida del suo presidente, P.B. aveva continuato a portarsi la bicicletta in ufficio e almeno una volta era stato incrociato mentre (toga al vento?) pedalava a tutto spiano verso l'aula dove era atteso per l'udienza. A quel punto il procedimento disciplinare era apparso inevitabile, e forse l'unico modo per convincere il giudice a spostarsi a piedi all'interno del tribunale.

P.B. era stato accusato dalla Procura generale di avere violato la norma che obbliga i magistrati a esercitare le funzioni «con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio». Proprio l'ultimo requisito, l'equilibrio, era stato messo in dubbio secondo l'accusa dal comportamento del giudice torinese.

Ma davanti alla sezione disciplinare del Consiglio, P.B. ha sostenuto di avere insistito nelle sue pedalate tra le aule solo una volta dopo avere ricevuto il richiamo del suo capo. «Nell'occasione il dottor B. si giustificava sostenendo che nella notte aveva avuto un improvviso attacco di mal di schiena, per cui gli era impossibile riuscire a raggiungere in altro modo l'aula di udienza (effettivamente distante alcune centinaia di metri) per svolgere il cosiddetto turno direttissime».

Il giudice ha spiegato al Csm che «si era trattato di un episodio assolutamente isolato» e comunque commesso a fin di bene, «per evitare il ricorso a un congedo per malattia». E comunque ha promesso che non si sarebbe mai più ripetuto.

La sezione disciplinare lo ha assolto.

Anche, ed è l'aspetto più divertente, «in considerazione dell'assenza di specifiche disposizioni emanate per disciplinare la circolazione all'interno del tribunale di Torino». Chissà se dopo hanno riempito i corridoi di cartelli stradali.

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