La giustizia? È giusta solo se è lumaca. Ineccepibile in punto di diritto, regala comunque un sorriso amaro la pronuncia con cui la Cassazione ha censurato con l'occhio al cronometro - l'operato di un magistrato troppo solerte nella definizione del caso affidatogli. Tanto veloce da compromettere, con la sua celerità, il diritto alla difesa del tifoso che per le sue intemperanze s'era preso un Daspo e l'obbligo di firma. Quest'ultimo cancellato dalla Suprema Corte perché convalidato in un batter d'occhio.
Un paradosso, nella terra dei tribunali tartaruga: per una sentenza di primo grado in ambito civile servono (in media) 393 giorni, che salgono a 1.008 davanti ai Tar (in Europa peggio fa soltanto Cipro), sforando il tetto dei due anni per i processi penali. Accorciare i tempi dovrebbe essere la priorità. Tuttavia, per gli ermellini la speditezza è sì necessaria, ma con giudizio. Lo attesta il verdetto che ha chiuso la storia giudiziaria di un ventenne di Montebelluna che ad ottobre, per gli scontri di cui era stato parte in occasione di una partita del Treviso, s'era visto notificare dal questore il divieto di assistere a manifestazioni sportive, abbinato all'obbligo di presentarsi in commissariato all'orario di inizio di ogni partita della sua squadra. Misura, questa, per la quale il pm aveva chiesto la convalida alle 12.05 del 31 ottobre, ottenendo riscontro positivo dal gip nel giro di 31 minuti. Una tempestività da far invidia agli svizzeri, forse per questo considerata non in linea con gli standard italici. E come già avvenuto a maggio, quando il peccato di lestezza s'era rivelato salvifico per sei supporter del Sassuolo che avevano preso a sassate i loro odiati colleghi del Carpi, la Cassazione ha cancellato gli atti firmati dal gip. Uno schiaffo alla legge, quei 31 minuti: «Trattandosi di misura restrittiva argomentano le toghe era necessario rispettare il termine di 48 ore» accordato «per approntare la difesa o presentare memorie».
Agire diversamente con eccessiva sveltezza comprime «l'effettivo esercizio del diritto difesa», rendendo inevitabile «annullare l'impugnata ordinanza» e dichiarare «la cessata efficacia del provvedimento del questore limitatamente all'obbligo di firma». Come del resto era stato, qualche mese addietro, per un altro tifoso del Treviso, graziato per essere intervenuta la convalida in 47 ore e 35 minuti.
Avesse aspettato altri 25 minuti, lo speedy gip, avrebbe rispettato il codice (di procedura penale, non della strada) evitando di far venire a galla che proprio la Cassazione - giudicando un caso identico - nel 2003 aveva stabilito che anche solo 24 ore sarebbero state più che sufficienti per consentire all'ultrà sottoposto ad obbligo di firma di difendersi adeguatamente. Contraddizioni che restano, nel Paese in cui il tempo è un'opinione (anche giurisprudenziale) e la lentezza l'unica certezza.
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