«Un decreto legge che elimina ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie che ancora lo prevedevano». Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha presentato così ieri sera in conferenza stampa il nuovo dl Superbonus, varato a sorpresa dall'esecutivo. Il fatto che il provvedimento fosse inatteso testimonia la grave preoccupazione del Tesoro per l'impatto devastante del Superbonus 110% sui conti pubblici. I costi della «genialata» di Giuseppe Conte saranno certamente superiori a 150 miliardi di euro ma si teme che superino 200 miliardi.
Le altre misure intraprese riguardano lo stop alla remissione in bonis, cioè dopo la scadenza ordinaria dell'agevolazione (4 aprile) non sarà più possibile accedere ai benefici versando una sanzione minima e comunicando il ripristino della regolarità. Si guadagnano così sei mesi sulla scadenza (15 ottobre) di questo istituto che facilitava le cessioni. Allo stesso modo, non sarà possibile compensare i crediti d'imposta se si è in una situazione debitoria con l'Agenzia delle Entrate con iscrizioni a ruolo o carichi affidati alla riscossione. Prima si sana il dovuto e poi si viene ammessi, altrimenti i crediti saranno utilizzabili solo per l'importo eventualmente eccedente il debito fiscale. Quest'ultima misura serve a evitare le truffe e un'analoga stretta sarà applicata alla cessione dei crediti Ace (misura scaduta l'anno scorso) con il ripristino della responsabilità solidale del cessionario. L'omessa trasmissione di informazioni comporta una sanzione di 10mila euro per gli interventi in essere e la decadenza per quelli da avviare.
«Queste misure sono tese a chiudere definitivamente la eccessiva generosità di una misura che, come noto, ha causato gravi problemi alla finanza pubblica e i cui effetti di effettivamente potremmo in qualche modo contabilizzare tra pochi giorni», ha spiegato Giorgetti alludendo appunto alla data del 4 aprile, poco meno di una settimana prima dell'ok al Def che dovrebbe essere varato il prossimo 10 aprile.
Pur non puntando il dito contro il ragioniere dello Stato, Biagio Mazzotta, il ministro ha fatto capire che la Rgs è corresponsabile insieme ai grillini di una voragine da 150 miliardi (35 miliardi la stima del 2020). «Il conto è salatissimo, anche se qualcuno ne è entusiasta», ha detto riferendosi a M5s. Poi, la stoccata a Mazzotta. «Queste misure sono nate in modo totalmente scriteriato e hanno prodotto dei risultati devastanti per la finanza pubblica, qualcuno sorrideva sul mio mal di pancia confermo che fa malissimo e fa malissimo a me e a tutti gli italiani», ha chiosato ricordando che «l'onere del debito graverà per diversi anni e l'obiettivo di questo dl è mettere davvero un punto rispetto all'impatto sul 2023, naturalmente fatte salve le valutazioni da parte di Eurostat». Per l'Istat la spesa nel 2023 è stata di oltre 75 miliardi. Il rischio è sborsare almeno 30 miliardi annui tra il 2024 e il 2026, una manovra.
Entro giugno Eurostat dovrà stabilire se i bonus edilizi 2024 sono «pagabili» (cioè contabilizzati nell'anno di ok alla spesa come oggi) o «non pagabili» (cioè contabilizzati anno per anno). La seconda opzione, ça va sans dire, stavolta sarebbe preferibile.
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