Governo diviso sul piano di Ursula. Ok di Meloni e Tajani. Salvini attacca l'Ue

Il timore che gli investimenti favoriscano l'industria francese. Vertice a Palazzo Chigi

Governo diviso sul piano di Ursula. Ok di Meloni e Tajani. Salvini attacca l'Ue
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Certo, bisognerà leggere nel dettaglio i testi che stanno preparando gli uffici legislativi della Commissione Ue. E già domani, durante il Consiglio europeo straordinario che si terrà a Bruxelles, sarà l'occasione per un primo giro d'orizzonte. Ma a grandi linee, il piano ReArm Europe annunciato ieri da Ursula von der Leyen sembra trovare il favore di Giorgia Meloni. La premier sceglie di non commentare pubblicamente l'annuncio di Ursula von der Leyen, ma non è evidentemente un caso che sia Carlo Fidanza (capo delegazione di Fdi a Bruxelles e vicepresidente di Ecr party) che Nicola Procaccini (co-presidente del gruppo dei Conservatori) abbiano parole di plauso. In primo luogo per rivendicare la possibilità di attivare la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità, che consentirà di scomputare i maggiori investimenti richiesti dai parametri deficit/Pil. Una misura, dice Fidanza, che «il governo Meloni e Fratelli d'Italia chiedono da sempre e che finalmente trova accoglimento». Insomma, il ReArm Europe «ha il merito di passare dalla mera enunciazione di principio a strumenti concreti per rafforzare il quadro degli investimenti europei nella difesa». E, aggiunge Procaccini, «è giusto aumentare gli investimenti in difesa e sicurezza», anche perché «sono da sempre un formidabile veicolo di crescita in campo civile».

Più prudenziale, invece, la posizione di Palazzo Chigi sugli investimenti comuni in materia di difesa. Perché una cosa è ripartirli sui singoli Paesi come con il Pnrr, altra è decidere l'acquisto comune dei beni che hanno a che fare con la difesa. Questa seconda soluzione, infatti, finirebbe per favorire negli appalti solo alcuni Paesi in particolare, a partire dalla Francia che ha storicamente una filiera importante nell'ambito della sicurezza e delle forniture militari. Meno problematica, invece, la scelta di utilizzare per il riarmo anche i fondi di coesione. La cosa, infatti, non sarà automatica, ma affidata alla decisione di ogni singolo Paese Ue che potrà scegliere se deviare i fondi di coesione sulla realizzazione di infrastrutture con doppia funzione, sia civile che militare.

Tutte questioni che sono state affrontate ieri durante un vertice serale a Palazzo Chigi a cui hanno partecipato Meloni, i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Sul ReArm Europe, d'altra parte, nella maggioranza ci sono sensibilità diverse. Se Tajani plaude a von der Leyen perché «finalmente si fanno concreti passi in avanti per costruire una indispensabile difesa europea» che «era il grande sogno di De Gasperi e Berlusconi», Salvini punta il dito proprio contro la presidente della Commissione Ue che «fa debito solo per le armi» e «vuole riarmare l'Europa con una potenza di fuoco di 800 miliardi». Un approccio, fanno notare ai piani alti di Fdi, molto simile a quella della segretaria del Pd Elly Schlein.

Sulla difesa comune europea, dunque, la Lega prende decisamente le distanze dagli alleati di governo che, invece, sposano senza esitazioni la linea dell'Ue. Perché, spiega Crosetto, «la difesa di un Paese è la sola e unica garanzia della libertà e della democrazia di quel Paese».

Insomma, aggiunge il ministro, è «un prerequisito senza il quale non esiste uno Stato, una comunità nazionale o sovranazionale che dir si voglia». Gli Stati, aggiunge Crosetto in quella che qualcuno interpreta come una velata replica a Salvini, «purtroppo non si difendono mettendo i fiori nei cannoni, ma con forze armate preparate».

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