Dieci giorni di «Stati generali» con musici, vip e filmati propagandistici stile tv nordcoreana diffusi da Palazzo Chigi. E la maggioranza appare più divisa e in confusione di prima, mentre il premier fa surf da un rinvio all'altro.
Decreto Rilancio che slitta in Parlamento e può essere salvato solo dalla fiducia, decreto Semplificazioni che non vede la luce causa scontro sul Codice degli appalti, sulla riforma fiscale si litiga in una cacofonia di proposte diverse, su Autostrade e Alitalia regna l'incertezza e i partiti di maggioranza vanno ognuno per proprio conto, sulla scuola è disastrosa paralisi. Intanto le casse sono vuote, e si ipotizza un nuovo, massiccio sforamento di bilancio (su cui chiedere la maggioranza qualificata in Parlamento). Entro metà luglio, assicura Gualtieri. Col taglio dell'Iva, per il premier («Ma è solo un'idea»), senza taglio dell'Iva per il Pd.
Poi c'è il convitato di pietra del Mes, che Conte non vuol neppure evocare per paura delle reazioni grilline, ma su cui a metà luglio, prima del prossimo Consiglio europeo, bisognerà arrivare ad una decisione: «Conte verrà in Parlamento a chiedere una indicazione», assicura il ministro alle Politiche Ue Amendola. Prima va chiuso l'accordo sul Recovery fund, dicono a Palazzo Chigi, dove si spera che quando i grillini si accorgeranno che le condizioni poste da quel piano di interventi, finora mitizzato, saranno ben più severe e incalzanti di quelle del Mes, finalmente capiranno che a quei soldi non si può rinunciare. Ma è già allarme sui numeri della maggioranza in Senato, sempre più traballanti.
Il pressing Pd verso il premier galleggiante, perché chiuda finalmente la valanga di dossier aperti su cui non si decide, rimbalza sulla gommosità di Conte. Che preferisce invece strizzare l'occhio a centrodestra e commercianti insistendo sul taglio dell'Iva, non perché ci creda ma solo - è il sospetto dei Dem - per tenere buone le anime destrorse di M5s. Ma dal Pd arrivano crescenti segnali di irritazione e allarme: «Sono preoccupatissimo - attacca il sindaco di Milano Sala - noi rimandiamo ma i nodi sociali stanno venendo al pettine e con l'autunno arriveranno i licenziamenti. Al governo manca una visione di Paese, un'idea di ricostruzione».
Oggi è previsto un nuovo vertice tra Conte e la maggioranza sul dl Semplificazioni e altre questioni sospese. «La madre di tutte le riforme», l'aveva definita enfatico il premier, annunciandolo per il mese di maggio. Ormai però si sta slittando verso luglio: «Lo porteremo nei prossimi Consigli dei ministri», dice rifugiandosi nel generico plurale il ministro grillino ai Rapporti con il Parlamento D'Incà. Uno dei nodi che blocca il provvedimento, però, è tutto politico, e sta nello scontro sul Codice degli appalti: i Cinque stelle, un tempo aggrappati a regole e cavilli più tortuosi possibile per fermare le opere pubbliche, hanno invece improvvisamente scoperto le bellezze della deregulation, e con Gigino Di Maio sono intervenuti per chiedere la sospensione per tre anni del Codice. Il Pd, che quel codice aveva a suo tempo partorito, si oppone e ieri, a smentire Di Maio, è intervenuto il capogruppo (ed ex ministro alle Infrastrutture) Graziano Delrio: «I dati dimostrano che il Codice ha funzionato bene, e che dalla sua entrata in vigore si sono aperti più cantieri.
La discussione deve partire dai dati: se si tratta di semplificare noi siamo in prima linea, ma diciamo no al pressapochismo: non si può sempre ripartire da zero». E l'ex ministro si dice «assolutamente contrario» alla proposta grillina. Come finirà è da vedere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.