Il governo sta studiando la riforma delle pensioni. L’esecutivo Renzi punta rendere flessibile l’età pensionabile ma vorrebbe anche aumentare le pensioni minime, un’operazione difficile da realizzare dato che costerebbero qualche miliardo.
I 7 interventi allo studio del governo Renzi
L’idea è quella di dare la possibilità di andare in pensione a 63, fino a tre anni e sette mesi prima dei requisiti attuali. Come spiega Repubblica, ciascuno potrà farsi anticipare ciò che vorrà del proprio assegno pensionistico: il 100 per cento, la metà, un terzo, a seconda delle proprie esigenze. Martedì è previsto un incontro con i sindacati e il governo spera in un accordo senza rispolverare la vecchia concertazione. Le misure previste dovrebbero essere 7: Ape (anticipo pensionistico), rimodulazione della quattordicesima per i pensionati; interventi a favore dei lavoratori precoci e dei lavoratori usuranti per agevolare la loro uscita anticipata dal mondo del lavoro; la no tax area per i pensionati; la ricongiunzione gratuita dei contributi versati in fondi distinti e la cancellazione delle penalizzazioni dei lavoratori, con 40 anni di contributi versati, che vogliono andare in pensione prima dei 62 anni. Tutti interventi che costerebbero circa due miliardi: un miliardo per i pensionati e uno per i pensionandi.
Come funziona l'Ape
Con l’Ape il pensionando potrà cioè chiedere una sorta di preventivo all'Inps per calcolare quanto sarà la rata futura da restituire e valutare l’eventuale convenienza al prestito previdenziale. Chi vuole andare prima in pensione non dovrà necessariamente anticipare il 100% dell'assegno futuro ma può anche prenderne un pezzetto, in previsione magari di piccoli lavoretti da fare per integrare le entrate. Palazzo Chigi conta di spendere meno di 500 milioni, 350 mila il primo anno, poi 150 mila l'anno successivo. Date che si tratta di un prestito concesso dalle banche tramite Inps - e coperto da assicurazione – per il lavoratore è importante capire quanto sarà la rata futura che per vent’anni gli decurta la pensione. Il governo pensa a detrazioni in misura fissa che azzerino la rata alle categorie più deboli e con redditi bassi. Chi non è né esodato (l'Ape la paga lo Stato) né in esubero (l'Ape la paga l'azienda) sarà penalizzato maggiormente se guadagna bene ma, in base ai calcoli del governo, non perderà oltre il 5% della pensione lorda e non più del 6-7% di quella netta.
I costi della riforma delle pensioni
L'Unione europea, però, potrebbe mettere dei paletti sull’Ape perché se i pensionandi agevolati dallo Stato fossero al di sopra di una certa percentuale la spesa per le detrazioni comporterebbe maggiore debito pubblico. Aumentare la quattordicesima, come vorrebbe il governo, o estenderne la platea, come vorrebbero i sindacati, costa almeno 800 milioni all'anno per innalzare a 1000 euro l'assegno a quasi un milione e mezzo di pensionati in più con redditi pari a 13 mila euro annui (dagli attuali 10 mila). Portare l'area di esenzione dall'Irpef a 8.
140 euro costerebbe, invece, 260 milioni, mentre l’Ape e le misure sulla quattordicesima costano 1 miliardo e 300 milioni. Restano, dunque, 700 milioni che non bastano per fare il resto e, perciò, la strada per il governo è parecchio in salita, soprattutto se vuole aumentare anche le pensioni minime.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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