Il grande inganno dello smog Per i bus libertà di inquinare

L'Anci: comprate auto Euro 6 e usate i mezzi pubblici Che però sono esenti dall'obbligo di avere motori puliti

Il grande inganno dello smog Per i bus libertà di inquinare

Di polveri sottili non se ne parlava da tempo, e anche nel pieno dello scandalo del dieselgate l'attenzione era stata concentrata sull'anidride carbonica. Del Pm10 e delle particelle ancora più sottili ci si era quasi dimenticati fino al caso di Torino, oggi considerata la città meno vivibile d'Italia, responsabile di migliaia di decessi. L'Oms ne stima addirittura due milioni nel mondo, 400 mila dei quali in Europa.

Come sempre accade, nel momento delle emergenze vengono identificate le soluzioni più drastiche, che prevedono addirittura il divieto di circolazione alle auto diesel di ultimissima generazione, le Euro 6 che le stesse amministrazioni hanno spinto ad acquistare per non essere costretti a lasciare l'auto a casa. Un dietrofront inqualificabile, soprattutto se si considera che studi recenti, come quello condotto dall'Università di Montreal certifica che una moderna auto a gasolio ha emissioni di polveri sottili di 10 volte inferiori a quelle dei motori a benzina. E ancora più inqualificabile è la volontà di spingere chi deve muoversi in città a utilizzare solo mezzi pubblici. Che in realtà collasserebbero semplicemente incrementando del 50 per cento il numero di utenti. Ma non basta, bisogna anche considerare che la maggioranza dei bus appartiene a categorie con emissioni molto superiori ai limiti delle autoEuro 6 obbligate a rimanere parcheggiate. L'esortazione a utilizzare il trasporto pubblico arriva dall'Anci, l'associazione dei comuni italiani, basandosi sul calcolo matematico che per trasportare 10 mila passeggeri per un km servono almeno 2.000 auto, mentre bastano 63 autobus articolati da 18 metri. In entrambi i casi la stima è fatta, chiaramente, al massimo della capienza. Lo studio contiene anche un'esortazione a rottamare tutte le vetture fino a Euro 3 di piccola cilindrata, passando a modelli Euro 6 a benzina per ottenere nel giro di un solo anno un taglio degli inquinanti. Che però per le polveri sottili risulterebbe in realtà solo del 2,1 per cento, a fronte di investimenti di svariate migliaia di euro.

Mentre non si tiene assolutamente in considerazione l'opportunità di effettuare scelte decisamente meno onerose per i cittadini, come le trasformazioni a gas. Il Gpl, ma soprattutto il gas naturale, vale a dire il metano, non emettono Pm10, anche se alcune città sembrano dimenticarsene, come Milano che non li include nell'elenco delle esenzioni al pagamento degli accessi in Area C. In ogni caso gli investimenti sono decisamente contenuti, per un'auto Euro 3 o 4 bastano circa 1.200 euro per una trasformazione a Gpl e 1.700 per il metano.

Quanto emerge dal dossier dell'Anci e dalle ordinanze delle amministrazioni locali, in questo caso Torino, ma molte altre sono pronte a seguirne le orme, è una pesante disparità tra il trattamento riservato al cittadino e al trasporto pubblico. Se il primo è di fatto obbligato a sacrificare i propri risparmi in favore della collettività, i comuni sono autorizzati a mantenere in circolazione mezzi obsoleti, e spesso carenti in manutenzione, molto più inquinanti di quanto possano essere sulla carta. Non bisogna infatti dimenticare che tutti i calcoli sono fatti sulla base di semplici stime, perché in nessun caso sono fatti rilevamenti puntuali durante la vita di un'auto. In occasione della revisione periodica obbligatoria, a quattro anni dalla prima immatricolazione e successivamente con cadenza biennale, sono rilevati solo i livelli dell'ossido di carbonio misurato a freddo.

Intanto l'Italia ha il parco di bus più obsoleto d'Europa, con mezzi dall'età media di 12 anni, ma con molti esemplari che circolano anche da 30 anni.

E che, aggiornati a Euro 6, abbatterebbero le emissioni di Pm10 dei bus dell'86%. E invece continueranno a essere sulle strade almeno per tutto il prossimo anno, visto che solo a fine 2018 saranno messi fuorilegge gli Euro 0. Che i cittadini «normali» hanno dovuto rottamare più di 20 anni fa.

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