Il primo giorno di green pass è stato di assestamento, ma non mancano proteste soprattutto per disfunzioni nei sistemi di controllo tramite l'app. Il certificato verde da ieri è obbligatorio all'interno di bar e ristoranti - al tavolo ma non al bancone - oltre che per accedere a palestre, piscine, parchi divertimento, musei, spettacoli, concerti, eventi. Dal 1° settembre lo sarà anche per i trasporti a lunga percorrenza, per treni, aerei, navi e traghetti, ma non per metropolitane e autobus.
Al debutto qualche difficoltà c'è stata, ma soprattutto con turisti stranieri extra europei, e non sono mancate le proteste degli esercenti che denunciano già conseguenze e tavoli vuoti. Qualche coda sotto il sole per i musei, come a quello del Duomo di Milano, si è formata per consentire il controllo del certificato, ma si è smaltita velocemente. Al parco divertimenti di Mirabilandia invece sono stati messi a disposizione tamponi gratuiti all'ingresso. In poche ore la fila per i test si è allungata a dismisura, con una richiesta «oltre le aspettative», dice Riccardo Marcante, direttore generale della struttura: «Finora la stagione è andata ben oltre ogni più rosea aspettativa, speriamo che continui a essere così nonostante la questione del green pass che ci costringe a complicare la vita ai nostri clienti. Nonostante questo facciamo il possibile per semplificarla assumendoci noi gli oneri di questa operazione, speriamo che i clienti apprezzino».
Difficoltà segnalate soprattutto per le verifiche che richiedono «l'impiego per gli esercenti di personale supplementare per il controllo della documentazione», dice Carlo Squeri, associazione pubblici esercizi di Milano, e nella «gestione con i clienti che potrebbero essere in alcuni casi restii a esibire il documento d'identità». E dato che solo i minori di 12 anni sono esentati dall'esibire il green pass «il rischio è che le famiglie con figli dai 13 anni in su rinuncino ad andare a mangiare fuori». Confesercenti, per esempio, avverte già i primi effetti: «Si sta rivelando un disastro, tra malfunzionamenti dell'app deputata a scansionare il certificato, clienti che fanno resistenza e tavoli che in questa incertezza rimangono vuoti», dice Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet, l'associazione di bar e ristoranti di Confesercenti. I gestori avrebbero anche registrato «reazioni scomposte, che li hanno messi in difficoltà. Ai titolari è stato affibbiato contro ogni logica il ruolo di agente di pubblica sicurezza. Servono chiarimenti sulle modalità e sulle responsabilità e una sospensione delle sanzioni in questa fase di avvio». Sarebbero già molti i clienti che «preferiscono evitare complicazioni e scelgono di consumare solo all'aperto, ignorando le sale interne». E c'è la «questione del controllo del documento: a chi tocca, e con quale autorità?». L'associazione parla anche di «problemi organizzativi», perché «a seconda delle dimensioni del locale, occorre destinare un dipendente o due al controllo, un ruolo spesso non gradito dai lavoratori. Servono chiarimenti sulle modalità e sulle responsabilità di operatori e imprenditori: ogni errore potrebbe avere conseguenze salate, con sanzioni onerose che arrivano fino alla chiusura del locale».
Dalle proteste alla ribellione: sono già quasi 300 ristoranti, 200 bar, e 50 palestre che nei gruppi Telegram della rete «Io Apro» vengono segnalati perché non chiederebbero il green pass per entrare.
Un elenco nato su una sorta di passaparola che ha già un nome «aperti e liberi». Ma i cittadini che non rispettano l'obbligo rischiano una multa fino a 400 euro, mentre per gli esercenti dopo due violazioni commesse in giornate diverse, con la terza scatta anche la chiusura da uno a dieci giorni.
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