Quest'anno si scierà. Già questa è una buona notizia. Dal 4 dicembre, zona ponte dell'Immacolata per alcuni già da fine novembre - nessun numero chiuso. Basterà il green pass per accedere agli impianti, anche se non è chiaro chi e come lo controllerà, senza creare ulteriori code, come quando, lo scorso anno, si provò a far partire la stagione con la misurazione della temperatura a mano, perché i termoscanner non si adattavano all'aperto e alle guance tipicamente gelate degli sciatori. Bastarono una giornata e un paio di foto: arrivavano da Cervinia, era esattamente il week end del 24 ottobre e furono le uniche 48 ore di sci libero.
Ora siamo in anticipo di un mese, ma in ritardo di un anno in cui il comparto montagna è finito in ginocchio, fra lo stillicidio di aperture cancellate last minute, a Natale, all'Epifania, a San Valentino. Il governo ha messo una toppa, da agosto, con ristori per 430 milioni agli impiantisti, mentre il settore maestri ha tempo fino lunedì per accedere ad un fondo di circa 8milioni che dovrebbe portare, ai quasi 15mila operatori, bonus dai 500 ai 7500 euro per 2 stagioni di inattività. A differenza dell'atteggiamento attendista dello scorso anno - quando si pensò di poter ripartire con gli impianti come era accaduto nella più breve stagione estiva - questa volta il settore si è seduto ad un tavolo per tempo. Sotto l'egida della Fisi, Federsci italiana, c'erano tutti, da Anef e Federfuni, le associazioni di esercenti impianti a fune, Amsi e Colnaz a rappresentare i maestri. Il tavolo ha varato un protocollo che, curiosamente, però, arriva un paio di giorni dopo che il Governo ha già deciso in autonomia le regole. Tant'è. Il decreto Green pass bis, che approderà ai primi di ottobre in Senato, già licenziato dalla Camera, alla voce sci accende la luce verde del pass obbligatorio. Gli impianti da sci, che altro non sono che mezzi pubblici locali, sono, però, paragonati alle lunghe percorrenze di un treno ad alta velocità e non ad un bus, un metrò o un regionale dove nessuno chiede il pass. Questo nonostante su ovovie, seggiovie e funivie non si stia molto a lungo.
Era stato proprio questo uno dei nodi del contendere fa governo ed impiantisti lo scorso anno. Oggi però, dopo un anno di astinenza, meglio cedere, adottando il green pass, soprattutto se - spiace dirlo - i controlli saranno difficili. Meglio un pass oggi che un numero chiuso domani, il vero incubo dei gestori che, infatti, ribadiscono che «l'affluenza agli impianti non è controllabile, perché dipende dalla capacità ricettiva della località, dalla vicinanza di grandi città, dalle connessioni con altre stazioni. Ne consegue che la rete di impianti non può essere gestita con prenotazioni on line». Il protocollo indica poi linee generiche su come si debba lavorare per creare flussi ordinati, anti coda. Cifre precise, invece, sono quelle che riguardano l'affluenza: al 100% su seggiovie e skilift o in caso di maltempo ed emergenza, al 80% su ovovie e funivie. Una vittoria degli impiantisti che lo scorso anno si erano opposti alla capienza ridotta. Pari e patta? Pare di si, al netto della mascherina che resta obbligatoria e a questo punto fondamentale - sugli impianti chiusi. Andrà sollevata appena abbassati passamontagna o sciarpa, magari dopo essersi schiariti gola e soffiati il naso, fra i gesti più naturali dello sciatore che sale accaldato in ovovia. Un green pass ci proteggerà dal fiato amico, perché carta canta. Ma intanto w la mascherina.
Nessun dettaglio, se non un indirizzo di buonsenso, viene invece speso ed è forse la cosa che spiace di più verso la vendita di skipass on line che, se implementate davvero, da sole, taglierebbero molte code. Alla sicurezza, intanto, ha pensato anche un altro decreto, entrato in vigore, sotto silenzio, già lo scorso aprile: per sciare il casco sarà obbligatorio fino ai 18 anni. Peccato al covid questo forse interessi meno.
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