Grillo adesso prova a cambiare linea e strizza l'occhio alla Lega di Salvini

Il leader punta sul Carroccio per costruire un asse di governo Ma nel Movimento è caos: Casaleggio è sempre più irritato

Grillo adesso prova a cambiare linea e strizza l'occhio alla Lega di Salvini

Roma - Legàmi. Quelli che il Movimento Cinque Stelle ora vuole costruire con la Lega di Matteo Salvini, e quelli che adesso vorrebbe sciogliere con il Pd di Matteo Renzi.

«Che fare adesso? Basta ascoltare le parole di Salvini, la sua apertura nei nostri confronti, la strada per governare dopo le prossime elezioni non potrà che essere questa: turiamoci il naso e lavoriamo per un'intesa sulla Lega», commentavano due giorni fa nell'entourage della sindaca Chiara Appendino. Torino, a questo punto della storia, non è una città come un'altra: rappresenta il confine di un'idea dell'intesa che non può andare oltre, quella tra il populismo grillino e la sinistra italiana. Il laboratorio è saltato in area con i 1.500 feriti di piazza San Carlo, quando tutti gli esponenti della sinistra torinese sono saltati al collo della sindaca Appendino. Quella strada si è chiusa anche così, fallimento sancito poi in modo più eclatante dalla rottura del patto su Tedeschellum. Poi è arrivato il voto amministrativo di domenica, la vittoria del centrodestra al primo turno, il forte risultato della Lega, il crollo del M5s. E allora via, Grillo lancia un nuovo giro di giostra, convinto che all'esercito che lo segue in Rete si possa somministrare tutto e il contrario di tutto.

Stavolta parla dei campi rom e attacca: «Ora a Roma si cambia musica. Chiusura dei campi rom, censimento di tutte le aree abusive e delle tendopoli». E Virginia Raggi, sindaca di Roma, deve fare la sua parte e infatti così è, scrive a Paola Basilone, prefetto di Roma e chiede che vista «la forte presenza migratoria e il continuo flusso di cittadini stranieri», bisogna che il ministero dell'Interno intervenga con «una moratoria sui nuovi arrivi». Poi aggiunge: «Mi auguro davvero che il governo che tenga conto di queste mie parole e chiederò un incontro al responsabile del Viminale per intervenire sul tema degli arrivi incontrollati». Così scrive e dice la sindaca che un anno fa ha conquistato il Campidoglio anche grazie all'intellighenzia di sinistra capitolina, quei salotti sempre meno radical-chic delusi dal renzismo. Pazienza, molti di loro hanno già confessato che non la rivoteranno «mai più», inutile mantenere la linea, meglio impegnarsi con il nuovo obiettivo dettato dal capo, continuare a flirtare con la Lega.

Si adegua Chiara Appendino, meno spudorata. Perché il primo ad attacar briga è stato Piero Fassino, il predecessore. Dopo quasi un anno di «pace armata», Fassino ha iniziato a sparar fendenti sul caso dei feriti in piazza San Carlo e non si è più fermato. Nuovo oggetto del contendere l'istruttoria della Corte dei Conti che riguarda il rendiconto del 2015. Ieri l'ultima replica di Appendino: «In questo anno abbiamo ridotto le spese, alzato le entrare e cercato la maggiore efficienza possibile, mentre abbiamo un ex sindaco che non ha mai fatto scelte strutturali per non perdere il consenso e ora si limita a scaricare le sue responsabilità». Boom, il laboratorio-Torino è saltato in area, il populismo impopolare non guarda più a sinistra, l'ordine del capo comico è provare a convincere la Lega e i suoi elettori. Tutto mentre Davide Casaleggio, sempre più irritato dalle piroette del politico Grillo, si ostina a pensare ai programmi, alla formazione dei nuovi quadri e a una selezione aziendale dei futuri candidati.

Per il momento ha strappato solo il mea-culpa di Luigi Di Maio. Intervistato da Il Fatto Quotidiano ha ammesso: «Abbiamo parlato troppo di legge elettorale. Dovevamo parlare di più del reddito di cittadinanza». Un legame difficile da trovare.

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