Beppe Grillo compie 75 anni. Tre quarti di secolo tra televisione, teatro e politica di un talento comico puro che però non ha certo risparmiato contraddizioni, grida, polemiche, insulti, sparate, uscite pubbliche disastrose, gaffe, flop. Quale tipo di bilancio si può trarre di un personaggio in piena parabola discendente che una decina di anni fa ha completamente scompaginato la mappa dei partiti italiani, con un Movimento nato e cresciuto esclusivamente dal web e salito al governo del Paese?
Ce lo spiega Luca Martera, autore televisivo, documentarista, storico della televisione e da anni specialista di archivi ed esperto in ricerche storico-investigative, giornalistiche e audiovisive tra Italia e Stati Uniti. Nonché uno dei più attenti ed esperti conoscitori e osservatori di Grillo e del grillismo fin dalle sue origini.
Che tipo di contatti ha avuto con Grillo?
"Me ne sono occupato mentre lavoravo con Giovanni Minoli, al quale avevo proposto nel 2005 di fare un approfondimento su Grillo e sul nascente blog. Sapevo fin dall'inizio che la difficoltà maggiore sarebbe stata legata al fatto di mostrare i contenuti teatrali di Grillo che erano di sua proprietà, perché lui non appariva in Rai da più di dieci anni. Chiesi al suo manager se fossero interessati a una collaborazione, dandomi una liberatoria su questi materiali in cambio di una ricostruzione precisa della sua storia".
Come finì la trattativa?
"Venni a sapere poi dagli avvocati che lui avrebbe accettato di liberare questi materiali solo in cambio del diritto di vincolo e proprietà sulle sue esibizioni degli anni '70 e '80. Ma un minuto di materiale costava tre mila euro e lui aveva realizzato un sacco di roba. Io, per non mandare in fumo il lavoro, riutilizzai tutti i filmati Rai disponibili e quella puntata di La storia siamo noi fu comunque un successo: un milione e mezzo di telespettatori in seconda serata".
Cosa emerse?
"Era un documentario che raccontò alcuni pezzi di verità. Per esempio, ci fu la prima intervista ufficiale rilasciata da Gianroberto Casaleggio. È un documento a suo modo unico, che già allora rivelava alcuni aspetti poco chiari di questo guru che aveva lavorato per multinazionali americane dove forse aveva studiato quel modello di democrazia diretta attraverso il web. Nel 2005 (anno in cui è nato il blog beppegrillo.it) lui dava per morti i giornali entro dieci anni. Non è accaduto. Però aveva già in testa la futura piattaforma Rousseau".
Fu di fatto l'inizio dei Cinque Stelle?
"Io ho seguito il suo blog all'inizio, poi ho lasciato perdere perché il linguaggio si era fatto veramente da complottisti, di quelli dissociati totalmente. Ha presente il suo video di Casaleggio su Gaia (in cui si profetizza un governo mondiale nel 2054 dopo le prime elezioni via internet ndr)? Ricordo anche una chiacchierata con il sindaco di Parma, che uscì presto dal movimento, dicendo che l’aria si era fatta irrespirabile".
E pensare che nel 2000 Grillo spaccava i computer. Che tipo di esperimento si rivelò ai tempi?
"A me colpì molto la novità dei 'meetup', organizzati attraverso una piattaforma web di ideazione americana. Era uno strumento che permetteva poi di incontrarsi fisicamente per discutere il 'Verbo dell'Elevato'. Durò almeno cinque anni e creò quella classe dirigente, chiamiamola così, espressione - alla fine della fiera - di un certo tipo di populismo reazionario".
Cosa è cambiato da allora?
"Mi ricordo che una delle prime campagne del blog fu quella sul 'Parlamento Pulito'. Comprarono una pagina sull'Herald Tribune in cui c’era l'elenco dei parlamentari inquisiti. In realtà, però, non è poi cambiato molto da allora. È aumentato il sentimento anti-casta e, parallelamente, le retribuzioni della casta. Inoltre faccio fatica a ricordare un provvedimento importante di Giuseppe Conte".
Come si spiega la recente battuta sulle brigate di cittadinanza e del passamontagna?
"Non ha più la spalla tecnocratica di Casaleggio. Quindi ogni tanto ritorna a dire cavolate, mischiando i piani. Non si capisce più a che titolo stia parlando: se da politico o da comico. E poi fa il video dicendo pure che sta scherzando. È patetico tutto questo".
Uno stile non dissimile a quello in cui difende Ciro Grillo.
"Se dovessi ricordare la sua più grande perfomance comica involontaria degli ultimi anni, direi proprio questa in cui fa la difesa d'ufficio del figlio, indagato per stupro.
Perché?
Come potrei mai avere io empatia per un padre (giustamente preoccupato) che strepita di ragazzi che stavano solo divertendosi con l’uccello di fuori? Ma che linguaggio è? Grillo è sempre stato fascista nei modi. Se per fascista intendiamo maschilista e sessista. Sul suo blog stilava la lista dei giornalisti sgraditi, usando un linguaggio violento che parodiava i comunicati delle BR. Pensiamo al Vaffa-Day".
Quello avvenne nel 2007 la prima volta, giusto?
"Nella sostanza, in realtà, già agli inizi degli anni '90. In 'Buone Notizie', spettacolo prodotto da Giorgio Gaber, lui faceva tutto un elenco di giornalisti e politici che gli stavano sulle scatole e, dopo avere pronunciato ogni nome e cognome, invitava il pubblico a gridare 'Vaffanculo!'. All'epoca il linguaggio aggressivo era di rottura e dirompente perché c'era ancora la cappa democristiana. In un certo senso l'Italia è stata un laboratorio che ha poi dettato la linea ad altri Paesi. Basti vedere il fenomeno Trump".
Un modello che, nel suo insieme, si è rivelato irripetibile?
"A tutt’oggi, il Movimento 5 Stelle rimane il più grande partito di massa nato dal web in una democrazia matura. E questa è una roba che ancora fa una certa impressione in un Paese ad alto tasso di analfabetismo funzionale come il nostro. Non si è ripetuta ancora un’esperienza simile all’estero, almeno con questi numeri. Nato nel 2009, il Movimento andò benissimo in Sicilia nel 2012 per fare il botto alle elezioni del 2013 con 8 milioni e mezzo di voti".
Come fece ad arrivare a questi risultati?
"Grillo giocò su una tecnica classica dell'anti-propaganda. Per sparizione e sottrazione: 'Noi non appariremo mai in televisione perché sono tutti corrotti e venduti'. C'era tutto il filone della casta, dal libro di Stella e Rizzo alle trasmissioni populiste alla Santoro. Tutta la classe politica era già delegittimata e lui godeva di un'autorevolezza costruita in 20 anni al di fuori del sistema. E molti giornali non capirono nulla di questo fenomeno, sottovalutando Grillo e questa sua operazione".
Nel 2014, invece, si fece intervistare in tv da Mentana e Vespa: perché questa strategia opposta rispetto a un anno prima?
"Senza scomodare i soliti aforisti della patria Flaiano e Longanesi, Grillo avrà pensato: 'Mi conviene o non mi conviene?'. Bei tempi quelli in cui diceva che i politici sono nostri dipendenti e vanno assunti a progetto o quando denunciava in anticipo la 'finanza allegra' di multinazionali come la Parmalat mettendo in guardia i piccoli azionisti".
Quando Grillo sosteneva che il Movimento era diventato un "argine" alla guerra civile, aveva ragione?
"Ricordo bene che Grillo, poco tempo dopo la vittoria del 2013, disse: 'Se non ci fossimo stati noi, in Italia il consenso sarebbe andato a partiti estremisti come Alba Dorata in Grecia'. Sostanzialmente Grillo rassicurò i mercati, con la benedizione del dipartimento di stato americano, ben sapendo che in Italia non ci sarebbero state proteste di piazza in stile indignados e Occupy, ma giusto le solite file lunghissime per acquistare l'ultimo modello di iPhone".
Ma, in fin dei conti, perché Grillo è entrato in politica?
"Potremmo parlare dei capricci di un miliardario? Può anche essere. Io non so se sia vero, come sosteneva Giuliano Ferrara, che puoi fare carriera politica solo se sei ricattabile. Non sono un complottista: tutte le risposte (o quasi) le ho sempre trovate studiando la storia italiana, confrontando fonti e documenti. Sicuramente lui ha avuto come comico un pubblico trasversale. E possibile che, proprio per questa sua forza, qualcuno lo abbia 'scelto'? E che lui non potè rifiutare questo nuovo ruolo di guru perché ricattabile?".
E perché avrebbe potuto esserlo?
"Solitamente il motivo più banale è quello legato alle tasse. Quando Vincenzo Visco fece pubblicare sul sito dell'Agenzie delle entrate le dichiarazioni dei redditi del 2005, quando era appena nato il blog, Grillo si adirò parecchio, appellandosi a motivi di privacy. Questo diede bene l'idea del personaggio molto 'sensibile', se lo andavi a toccare sul soldo. A posteriori i manager dei suoi spettacoli dal vivo negli anni ‘80 dissero che voleva essere pagato in nero. Però è anche vero che un sacco di artisti lo facevano e lo fanno ancora".
Qual è stato, secondo lei, l'elemento più negativo di questo fenomeno?
"Grillo ha rotto un tabù per me gravissimo: tu sei un comico, un giullare e fai satira, ma un certo punto scendi in campo. Se prima giocavi con i paradossi dicendo che il re è nudo, che fai poi? Diventi proprio quel re che cerca continuamente di nascondere la verità. Si sa che non è mai potuto entrato in Parlamento perché pregiudicato. Ma poi cosa fa ancora? Si prende una pausa dalla politica e ritorna nei palazzetti. O meglio, nei piccoli teatri, perché gli incassi non sono più come prima. Io pago un attore per vedere cosa: un politico o un comico?".
Facciamo qualche passo indietro: com'era il Grillo degli esordi in tv?
"A rivederlo oggi, certamente colpisce per la sua carica di aggressività e simpatia. Lui era figlio di una nuova generazione di comici: alla fine degli anni '70 si affacciò sul piccolo schermo una nidiata che farà strage di tutti i comici senior: nascono infatti Carlo Verdone, Roberto Benigni, Diego Abatantuono, la Smorfia, i Giancattivi, Nanni Moretti. Ma, a differenza di molti di loro, Grillo non è mai stato ideologico".
In che senso?
"Non ha mai fatto il '68. Era abbastanza 'rustico' nei suoi primi monologhi. La scuola genovese era famosa soprattutto per i cantautori: per i comici c’erano stato il vernacolare Gilberto Govi e un intellettuale, questo sì veramente rivoluzionario, di nome Paolo Villaggio. Grillo prese molto la gestualità e la vocalità di Orlando Portento, che era un po' più bello di lui ed ebbe successo solo in ambito locale. Il talento e la fortuna consentirono poi a Grillo di trovarsi a Milano a fine anni '70, dove si unì all'ex preside 'situazionista' Antonio Ricci, che gli diede una mano per i testi".
Scoperto e portato in tv da Baudo, arrivò subito il successo.
"C'è da dire che rimase in panchina sulla Rai per un paio d'anni dopo l'incidente di Limone Piemonte. Ricci mi raccontò che quando riprese a esibirsi dal vivo, gli spettatori gli dicevano assassino. Tuttavia, già a metà degli anni '80, è miliardario: insieme a Benigni, è quello che ha il cachet più alto. Conquista una platea di 15-20 milioni di telespettatori e può permettersi ormai tutto, capricci compresi.
Merito anche di chi gli scriveva i testi?
Ha avuto comunque sicuramente l'intelligenza di circondarsi di autori molto diversi tra loro: oltre al suo amico Ricci, Stefano Benni, corsivista del Manifesto, e poi Michele Serra, Gino e Michele. Tutte persone ascrivibili alla sinistra, con cui Grillo non aveva niente a che fare. I loro monologhi non erano anti-sistema, ma lui era un battitore libero".
La sua non era ancora satira?
"Più che altro era comicità divertente e aggressiva che aveva come bersaglio soprattutto i personaggi famosi dello spettacolo, senza dimenticare la satira di costume e in particolare il confronto tra italiani e americani e brasiliani nei due programmi di Enzo Trapani scritti da Antonio Ricci 'Te la do io l'America' e 'Te lo do io il Brasile'.
Quando subentrò la politica nella sua comicità prima ancora dell'avvento del blog?
"I primi due programmi in cui sperimenta la satira politica furono entrambi del 1983: prima con la diretta elettorale e poi con la rubrica Buone Notizie all'interno della 'Domenica in' di Baudo. Antonio Ricci racconta divertito che fu Sandro Pertini in persona a complimentarsi con lui e Grillo per le battute contro De Mita e Craxi durante la diretta, togliendoli dai guai con la Rai. A 'Domenica in' rimase celebre il teorema Longo P2 scritto da Benni con riferimento all'iscrizione del segretario del Psdi alla loggia di Gelli. Nel frattempo Grillo va sia alla festa dell'Amicizia della Dc sia a quella dell'Unità del Pci e in entrambi i casi parla male del Psi".
Ed è in questo periodo che arriva la polemica con Craxi. Giusto?
"Sì. Siamo nel novembre 1986 e arriva il monologo in diretta di Grillo a 'Fantastico': Baudo fa la solita spalla rassicurante in funzione democristiana e il comico se ne esce con questa battuta sui socialisti che rubano".
Fu un monologo scandaloso?
"Precisiamo una cosa: il tormentone comico del 'Craxi cinghialone' imperversava già da un bel po' di tempo. Io ho trovato battute, ad esempio, su Craxi Alì Babà e i quaranta ladroni anche in un film di Steno a inizio anni '80. Quindi era già un luogo comune in voga. A rivedere questo monologo sembra comunque che Grillo stia recitando 'a pappagallo'. Non è naturale, non sembra del tutto convinto di quella battuta".
Per quale motivo?
"Una mezza verità l’ho avuta dall’ipotetico mandante di questa battuta: Ciriaco De Mita. In un'intervista del 2013, mi disse di aver fatto in modo che Grillo pronunciasse quelle cose senza che fosse poi toccato. Perché in qualche modo quella battuta gli faceva comodo in vista della staffetta con Craxi a Palazzo Chigi".
E così venne cacciato dalla Rai?
"Assolutamente no. È vero che subito dopo quella battuta, Craxi affermò - in un comunicato Ansa - che certi episodi non si dovevano più ripetere perché di dubbio gusto, ma non disse Grillo fuori dalla Rai. E i fatti sono là a dimostrarlo".
Ovvero?
"Grillo continuò a fare ospitate, andò a Sanremo, stette in onda in qualunque orario su tutte le tv con gli spot della Yomo. Recitò in un film, dal titolo 'Topo Galileo'. Addirittura alle elezioni dell'87 ricevette una proposta da Mario Maffucci, potentissimo capostruttura della Rai, per condurre la diretta elettorale. A confermarlo testimonianza di questo è un'intervista di Maria Novella Oppo sull'Unità. Non ci fu alcuna epurazione. Anzi, accadde un fatto curioso appena due mesi dopo".
Quale?
"Per la serata di Capodanno del 1986, Canale 5 mandò in onda uno show registrato condotto da Johnny Dorelli con la partecipazione di Roberto Benigni. Guardandolo non si può non fare il confronto con la battutina di Grillo. Benigni attaccò frontalmente Craxi: 'Come Gesù è nato in una mangiatoia, anche lui cammina sull'acqua: non va a fondo, galleggia proprio. È nato come Gesù e morirà come Gesù: circondato dai ladroni'.
Ormai era diventato un tormentone.
"La cosa divertente è che un assistente dell'epoca di Berlusconi, Gigi Reggi, ha raccontato nel suo libro di memorie che durante quella esibizione Craxi era ospite a casa di Berlusconi e quest'ultimo fece in modo di portarlo in un'altra ala della villa per evitargli di vedere Benigni, che il Cavaliere invitò a Canale 5 perché aveva capito che bisognava accontentare tutti i tipi di pubblico, compreso quello di sinistra".
E così, qualche anno dopo, Grillo si buttò sul teatro.
"Io all'epoca ero suo fan ed ero strabiliato dalla sua bravura: lui disse che i politici erano morti e che i nuovi nemici del popolo erano le multinazionali. Memorabile - e a suo modo auto-profetica - fu questa sua battuta: 'Si sono rovesciati tutti i concetti, adesso i ladri non ci sono più. Sta andando al potere la gente, mi fa più paura'. Era l'anno di Tangentopoli. In quello spettacolo al Teatro delle Vittorie, trasmesso in diretta, citò anche Berlusconi (due mesi prima della sua discesa in campo) e se la prese anche con la Stet (la futura Telecom), che faceva indebitare gli italiani con il 144, la chat-line erotica a pagamento. Poi inaugurò il filone ecologista, ma oggi io ho dei dubbi sui messaggi di quegli spettacoli, rileggendo la sua storia".
Perché?
"Collaborò con una serie di scienziati e teorici, come Remo Bodei e anche il suo amico Renzo Piano, veicolando talvolta dei messaggi anti-scientifici in maniera molto pericolosa. Grillo, con l'obiettivo di voler semplificare tutto, diceva spesso delle cose inesatte.
Come sui vaccini? O sulla pallina "miracolosa" che lava la biancheria senza detersivo?
Nel 1995 propose alla Rai lo spettacolo 'Energia e Informazione' che però si rifiutò di trasmetterlo, apparentemente per una battuta tacciata di antisemitismo contro Cesare Romiti, paragonato ad Eichmann, ma più probabilmente per gli attacchi rivolti contro alcune multinazionali. Anche se non era mancato un affondo contro Romano Prodi, reo di stare svendendo l'Italia con le privatizzazioni ma fatte però 'con garbo bolognese'".
Che conclusioni possiamo trarre sul Grillo post-comico e post-politico?
"Se a Dario Fo è andato il Nobel e a Benigni l'Oscar, a lui è andato sicuramente un posticino nella storia italiana a futura memoria, ma come sempre in Italia questa storia non è mai limpida. Parafrasando lo stesso Grillo, il quale diceva che 'quando morirà Andreotti finalmente gli toglieranno la scatola nera dalla gobba e finalmente sapremo la verità', verrebbe da dire che conosceremo il mandante delle sue cazzate quando il suo parrucchiere fidato gli taglierà tutti quei riccioli d'oro che nascondono una scatola nera altrettanto inquietante come quella del divo Giulio".
E cosa rimane invece del grillismo e di questa "Chiesa dell'Altrove"?
"Il ciclo è sicuramente declinante e purtroppo continuano ad aumentare le fila del partito italiano oggi più importante: quello degli astenuti. A cui si sono aggiunti alle ultime elezioni quei molti che hanno creduto in Grillo e poi sono rimasti assolutamente traditi.
Si dice che il loro lascito più significativo sia rappresentato dal reddito di cittadinanza. Ma come faccio a non associarlo alle inchieste su tutti quelli che non dovevano prenderlo perché perdigiorno, criminali e persino mafiosi? E poi: hanno aggiunto democrazia al nostro Paese? Ho seri dubbi…".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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