I l Movimento è mio e lo gestisco io. All'inizio della rifondazione Beppe Grillo era sceso a Roma per incoronarlo, adesso il comico arriva nella Capitale per fermarlo. Perché Giuseppe Conte si stava facendo prendere la mano, il fondatore se n'è accorto, e ora è costretto a fargli capire chi comanda. La lunga fase di transizione dei 5 Stelle culmina con una sfida di celodurismo tra il Garante e il nuovo capo politico. Atteso nelle prossime ore all'Hotel Forum, il suo storico quartier generale con affaccio sui Fori Imperiali, Grillo è bellicoso come non lo era dai tempi del Vaffa. C'è da limare lo Statuto, bisogna incontrare i parlamentari più fedeli, fare il punto della situazione con il gruppetto dei big governisti, il vero «cordone sanitario» per evitare che l'avvocato del popolo provi di nuovo ad allargarsi. Da Statuto, Grillo dovrebbe avere piena disponibilità del logo - senza il riferimento al Blog delle Stelle di proprietà di Davide Casaleggio - inciderà sulle votazioni, ma resta il nodo della sua influenza politica. Anche perché si tratta di una materia fluida, regolamentabile fino a un certo punto. «Beppe fa così, non è un politico, ma pretende di dettare la linea ogni volta che vuole», dicono fonti parlamentari del M5s. Non è un caso che il post anti-Nato e filo-cinese sia stato pubblicato sul Blog del comico proprio nella stessa giornata in cui Conte debuttava in pubblico, a Napoli insieme al candidato giallorosso Gaetano Manfredi.
Il giocattolo si è rotto. Per il neo-leader non sarà facile convivere con il patriarca del grillismo. Prevedibile, dato il carattere di Grillo. Infatti l'avvocato stava preparando da tempo il piano per liberarsi di Beppe. Dalla fine di gennaio, quando, lasciando Palazzo Chigi, si è accorto che una «lista-Conte» sarebbe stata un'operazione troppo rischiosa. Allora meglio tentare la scalata al M5s. Con la speranza di essere accolto come il salvatore della baracca, pronto a modellare il partito a sua immagine e somiglianza. Conte si aspettava carta bianca. Ma Grillo ha dimostrato la sua influenza concedendo il bis a Virginia Raggi, primo bersaglio del repulisti contiano. Poi il fondatore ha bloccato la modifica del simbolo, ha provocato l'ex premier sui cinesi, sta puntando i piedi sullo Statuto, che dovrebbe essere presentato tra lunedì e martedì. Nonostante Conte confidasse di poter approfittare dei guai personali di Grillo, alle prese con le accuse per stupro al figlio Ciro, per tagliarlo fuori, il piano è saltato. Nel pomeriggio di ieri si alza la temperatura in un'assemblea su Zoom dei parlamentari con il ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli. «Ma quale transizione ecologica, così ci facciamo dettare l'agenda dalle lobby, è inaccettabile» . Al centro delle polemiche il Dl semplificazioni. Il decreto, per il deputato tarantino Giovanni Vianello, «è un disastro ambientale, è inaccettabile». In serata interviene Conte: «Il M5s era dato per morto, ma abbiamo ancora da dare».
Ma Casaleggio spara a zero: «Non riconosco il Movimento, è un partito novecentesco». In un'intervista al Tg4 il patron di Rousseau evoca nuove grane legali: «lo Statuto del M5S prevede che le votazioni vengano fatte e verificate da Rousseau. Immagino quindi potrebbero esserci diversi ricorsi». Pure Alessandro Di Battista sembra di nuovo lontano dall'ex premier. «Ho idee contrarie al M5s. Il sottoscritto non si convince né con promesse di poltrone né con candidature». E marca le distanze da Luigi Di Maio: «Mai come adesso con lui c'è una grande differenza di vedute e opinioni». Di Maio però resterà centrale anche nel M5s del futuro. Controlla la maggioranza dei parlamentari, soprattutto alla Camera. Perciò Conte sta provando a cucirgli addosso un ruolo nella futura segreteria nazionale.
Mai come ora l'avvocato ha bisogno di sponde. Lo scontro con Grillo gli ha messo contro tutto il gruppo parlamentare. «Nel Movimento si può criticare chiunque, ma è difficile trovare qualcuno che sia contro Beppe», è la sintesi che arriva dai Cinque Stelle.
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