È guerra commerciale: Cina, Canada e Messico si vendicano di Trump. Che "compra" Panama

Contro-dazi sull'export Usa. Ottawa bandisce tutti gli alcolici americani. Donald apre al compromesso

È guerra commerciale: Cina, Canada e Messico si vendicano di Trump. Che "compra" Panama
00:00 00:00

La guerra commerciale Stati Uniti vs Resto del mondo è formalmente scoppiata ieri non appena Donald Trump ha gettato la maschera: i dazi del 25% su Canada e Messico e del 10% aggiuntivo sulla Cina, già assoggettata a un +10% da inizio febbraio, sono entrati in vigore senza sconti. Dalle minacce ai fatti il passo è stato breve, così come immediate le misure di ritorsione con cui Ottawa ha colpito, con tariffe punitive del 25%, 155 miliardi di dollari di esportazioni statunitensi. Alcune province canadesi - compresa quella dell'Ontario, la più popolosa - hanno inoltre deciso di bandire tutti gli alcolici statunitensi e di rimuovere dagli scaffali dei negozi quelli attualmente in vendita. Pechino ha invece messo nel mirino soia, carne di maiale, manzo, frutta (sovrattassa del 10% a partire dal 10 marzo), pollo, grano, mais e cotone (15%) disponendo anche la sospensione dell'import di legname statunitense e l'apertura di un'azione legale presso l'Organizzazione del commercio mondiale (Wto) nei confronti degli Usa. La reazione di Città del Messico arriverà invece domenica e non sarà morbida: nei giorni scorsi la presidente messicana, Claudia Sheinbaum, aveva già ventilato forme di boicottaggio massiccio nei confronti dei brand di punta del «made in Usa» come Nike, McDonald's e Apple. À la guerre comme à la guerre, insomma.

A tarda sera, però, la Casa Bianca sembra aprire uno spiraglio. Il segretario al Commercio Howard Lutnick fa infatti sapere che oggi Trump potrebbe annunciare «un compromesso» sui dazi contro Canada e Messico.

L'Europa, intanto, non è stata ancora investita dalla furia daziaria dell'inquilino della Casa Bianca, ma nessuno si fa illusioni sulla possibilità di sfangarla. Come sottolinea Jp Morgan, poiché la stretta commerciale ha colpito due Paesi (Canada e Messico) verso cui gli Usa avrebbero potuto evitare il pugno di ferro a causa del potenziale contraccolpo sulla crescita statunitense, appare del tutto evidente l'intenzione di Trump di procedere come uno schiacciasassi. Il tycoon ha insomma svelato le sue reali intenzioni: non intende negoziare compromessi ragionevoli per evitare la Trade war. È piuttosto un «così è anche se non vi pare», retto dall'alibi - quantomeno discutibile - di voler punire chi non esercita il richiesto controllo sull'export del Fentanyl e sui flussi di migranti illegali negli Usa. Senza peraltro perdere di vista altri obiettivi geo-strategici. La società di investimento BlackRock ha infatti messo le mani su due dei maggiori porti del Canale di Panama in seguito a un accordo con CK Hutchinson, società basata a Hong Kong, oltre ad altri 40 porti dell'azienda stessa per circa 19 miliardi di dollari. Nel dettaglio, BlackRock, insieme alla divisione porti di Mediterranean Shipping Company (Msc), che fa capo all'armatore italiano Gianluigi Aponte, acquisiranno anche il 90% di Panama Ports che gestisce i due accessi di Balboa e Cristobal. «Una vittoria per Trump», ricorda il Financial Times, che più volte aveva accusato i panamensi di aver ceduto alla Cina il controllo del Canale.

L'Ue, che rischia di vedersi appioppare dazi del 25%, invita intanto senza troppa convinzione gli americani «a riconsiderare il loro approccio». «Per un Paese come il nostro che esporta 626 miliardi è ovvio che qualsiasi tipo di dazio è un dato brutto. È una sveglia che ormai è suonata da un po', ma qui squilla ancora più forte verso l'Europa», commenta Emanuele Orsini, presidente di Confindustria. Parole cui fa eco la Coldiretti, secondo cui «l'imposizione di dazi sul cibo made in Italy negli Usa metterebbe a rischio il record di 7,8 miliardi fatto segnare nel 2024».

Ma anche Washington non dovrebbe dormire sonni tranquilli, vista l'aria di tempesta che tira. Le probabilità che una recessione colpisca gli Usa sono balzate ieri al 43% (fonte Polymarket) dopo essere rimaste per buona parte del 2025 al di sotto del 25%.

I trader si aspettano ora che la Fed tagli tre volte quest'anno i tassi per un totale di 75 punti proprio a causa dei dazi e del loro impatto sulla crescita. Ma se l'inflazione rialzerà la testa, Jerome Powell dovrà fare i conti con un dubbio amletico legato al percorso della politica monetaria.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica