La guerra commerciale preoccupa le Borse, record per l'oro

A picco big tecnologici, automotive e criptovalute. Perde quota l'euro. Resistono Piazza Affari e Btp

La guerra commerciale preoccupa le Borse, record per l'oro
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Il primo assaggio di guerra commerciale è stato subito indigesto per i mercati. Ieri i dazi contro Messico, Canada e Cina hanno innervosito non poco gli investitori che si sono interrogati sulle ricadute economiche e su chi pagherà più a caro prezzo il concretizzarsi delle misure protezionistiche fortemente volute da Donald Trump, che non ha mancato di sottolineare l'intenzione di colpire anche l'Europa. I numeri dicono in effetti che l'Unione Europea esporta oltreoceano beni per oltre 500 miliardi, decisamente più di quanto prende (347 miliardi di import). La reazione delle principali Borse mondiali è stata nervosa con cali fino a oltre il 2% per il Nasdaq oltreoceano e il Dax di Francoforte in Europa. Flessioni che nel corso della giornata si sono tuttavia attenuate a seguito dell'annuncio della presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, che l'avvio dei dazi statunitensi è rimandato di un mese. Una boccata d'ossigeno che ha evitato un tonfo più pesante dei mercati, non diradando però le scure nubi all'orizzonte.

Ciò che preoccupa maggiormente sono le ricadute economiche di una trade war e come queste andrebbero a cambiare i piani della Federal Reserve, rendendo più remota la possibilità di nuovi tagli dei tassi. Attese che ieri si sono tradotte in un convinto rafforzamento del dollaro statunitense, tornato nei pressi dei massimi a due anni contro l'euro. Gli economisti ipotizzano infatti che i dazi potrebbero causare una nuova fiammata dell'inflazione e crescita più debole negli Stati Uniti, e potenzialmente alimentare recessioni nei paesi colpiti in quanto fortemente dipendenti dai rapporti con la maggiore economia del Pianeta (il Messico esporta il 35% del Pil negli Usa, il Canada il 20%); le loro banche centrali, così come la Bce una volta che Trump si scaglierà anche sull'Europa, avranno come percorso obbligato quello di tagliare ulteriormente i tassi. Questo si traduce, per gli investitori obbligazionari, in un possibile appiattimento sulla parte lunga della curva (ieri il rendimento del Btp decennale è sceso in area 3,5%). Oltreoceano discorso diverso con i Tips, ossia i bond indicizzati all'inflazione, che tornano interessanti «beneficiando sia della spinta inflazionistica a breve sia della possibile revisione delle aspettative di crescita nel medio termine», argomenta Daniele Bivona, portfolio manager di AcomeA.

L'iniziale reazione di ieri ha fatto ben capire quali sono gli asset più esposti al rischio dazi. A Wall Street i titoli tecnologici hanno traballato, in particolare quelli più legati al commercio con la Cina come Nvidia (30% dei ricavi tra Pechino e Taiwan) e Apple che è fortemente esposta sul gigante asiatico. Ha vacillato non poco il settore auto (-4,5% il titolo Stellantis a Milano) con diverse big che hanno stabilimenti in Messico. Spicca poi l'allerta sul mondo cripto: il Bitcoin è sceso fino a 94mila dollari per poi risalire, mentre Ethereum è arrivato a segnare -27%.

«L'incertezza comporta una diminuzione della propensione al rischio - spiega Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia - e disinvestimenti su asset rischiosi per comprare beni rifugio». Tra questi l'oro che puntualmente ha aggiornato i massimi storici.

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