Negazionisti contro rigoristi. E i treni in mezzo a questa guerra dai cambi di fronte repentini. Così si riempiono i vagoni e poi si cancellano le corse: la liberalizzazione dura giusto 24 ore e il tempo di spalmare altra confusione sulle regole e sui comportamenti già contorti del Paese.
Ci sono i super esperti alla Zangrillo: sostengono che il virus in buona sostanza ha fatto le valigie a suo tempo e di fatto ha tolto il disturbo; poi ci sono i virologi alla Crisanti che scrutano l'orizzonte sempre scuro e ammoniscono come i profeti dell'Antico Testamento: il Corona tornerà, anzi non se n'è mai andato ed è solo un po' meno visibile.
I tecnici si confrontano, litigano, ma soprattutto trasmettono il loro disaccordo ai ministri e ai politici che vengono tirati un po' di qua e un po' di là. Nelle scorse ore - questo il retroscena di Palazzo - il titolare della Salute Roberto Speranza alza il telefono e pure la voce con la collega delle Infrastrutture Paola De Micheli: «Come avete potuto?». Poi, sempre ispirato dal suo guru, Walter Ricciardi, firma l'ordinanza che manda ko l'Alta velocità tricolore.
È il solito scontro cui assistiamo da settimane: il partito di quelli che non vogliono correre il minimo rischio e non accettano discussioni sulla tutela della salute e lo schieramento che, in nome di un presunto buonsenso che per gli avversari è solo sconsiderata temerarietà, vorrebbe smantellare l'imbragatura che ingessa la società.
Gli scienziati, lo sappiamo, si accapigliano come gli opinionisti nei talk, l'opinione pubblica è disorientata, disciplinata, ma irrequieta. E su questo disagio soffiano gli apostoli della nuova libertà: gli Sgarbi, in parte anche i Salvini che sembrano reggere sempre meno l'odiata mascherina, se la tolgono con disinvoltura o non se la mettono più, oscurando gli antesignani di questa controversa tendenza come l'eccentrico generale Pappalardo. Insomma, dopo mille scomposizioni e dispute trasversali alle ideologie, si ricompone in qualche modo la frattura tradizionale: il centrosinistra della cautela e del freno a mano tirato e la destra che rompe gli argini e straccia i divieti.
In realtà, come sempre accade, la situazione è più sfumata e complessa, ma certo qualcosa strideva a Palazzo Chigi: difficile, anzi assai complicato coniugare i treni strapieni, come nell'era pre lockdown, con lo stato di emergenza, appena prorogato fino al 15 ottobre, fra le urla e gli strepiti dell'opposizione, di costituzionalisti accreditati come Sabino Cassese e pure di parte della comunità scientifica. Davvero sarebbe stato troppo per Conte che predica prudenza e cautela, invitando tutti a non correre troppo. E invece i treni correvano già verso la normalità, dopo avere studiato un protocollo rigidissimo con buona pace degli indisciplinati, stile Sgarbi e Bocelli.
Così Speranza ha fatto la sua sfuriata e ha compresso di nuovo viaggi e affari. Così col prossimo Dpcm si allungherà ancora l'obbligo della mascherina al chiuso. Nel cratere della conoscenza si scavano trincee e si sfidano posizioni antagoniste. Il risultato è un Paese che, dopo troppi mesi di blocco, prova a togliersi le catene ma lo fa in modo contraddittorio e pasticciato. Un passo avanti e poi un altro indietro, col rischio di fare evaporare i già deboli flussi del turismo e del business. Ma lo scontro in mare aperto, con la terraferma ancora lontana, va avanti e minaccia di scompaginare una società già debole e logorata.
Divieti e eccezioni. Gli ubbidienti e i trasgressivi. Stili di vita e opposte filosofie che però segnano i conti e la tenuta del Paese. Gli apocalittici perdono terreno, ma anche il passato di prima sembra ormai un'età perduta.
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