Venezia Il campanello non porta più il loro nome. I vicini non li conoscevano. Nemmeno quelli della porta accanto.
La gente in piazza non sa nemmeno chi siano. Eppure. Eppure c'erano. Eppure hanno vissuto lì una vita intera. In questa villetta in via Dante a Mirano, un paese di quasi 30 mila abitanti in provincia di Venezia, fino a sette mesi fa, ci abitavano loro, i coniugi Marzaro, quelli che domenica sera sono stati trovati morti, insieme alla loro figlia, in un appartamento ad Asiago. Innamorati dell'Altopiano, avevano deciso di trasferirsi in montagna.
Lui, Italo Marzaro aveva 85 anni. Lei, Ubaldina Volpato, di anni ne aveva 83. La loro figlia Silvia aveva 43 anni. Ad alcuni vicini della casa di Mirano, dobbiamo far vedere perfino la foto. «La signora me la ricordo - dice una vicina guardando l'immagine - la vedevo passare, andava a prendere il pane». «So che abitavano qui - dice la signora della casa a fianco - ma non ci ho nemmeno mai parlato». Una famiglia isolata. Chiusa. Emarginata. Forse perfino abbandonata. La figlia, disoccupata, aveva un fidanzato nel veneziano che ha dato l'allarme, e l'estate scorsa aveva tentato il suicidio. Prendeva calmanti, sonniferi, psicofarmaci su prescrizione medica. Probabilmente quelli con cui ha avvelenato i genitori domenica sera. Avvelenamento è l'ipotesi più accreditata, ma saranno gli esami autoptici che faranno luce. «Non sappiamo se l'avvelenamento sia dovuto agli psicofarmaci dicono gli investigatori o a qualche altra sostanza. Potrebbe essere un multifarmaco. Dobbiamo attendete gli esiti dell'autopsia che stanno facendo in questo momento». Come non si sa, ed è questo il nodo cruciale che forse non si saprà mai, se sia stata la figlia ad aver fatto assumere gli psicofarmaci ai genitori, o se siano stati padre e madre ad averli assunti di spontanea volontà. Le indagini da parte dei carabinieri della compagnia di Vicenza proseguono a ritmo serrato. Ma i militari non si sbilanciano. La figlia sarebbe morta dopo qualche ora rispetto ai genitori e avrebbe ucciso il padre e la madre, prima di ammazzarsi.
Ha stretto due cinture dell'accappatoio intorno al collo, è caduta in asfissia e svenendo ha sbattuto la testa sullo stipite della porta, rimanendo lì, in una pozza di sangue. Padre e madre non erano feriti. Erano immobili supini sul letto, le coperte perfettamente rimboccate e l'anziana con le mani giunte come in preghiera. Dentro casa un ordine quasi maniacale. Nemmeno un giornale fuori posto.
Tranne quei due pezzi di carta, strappati da un block notes, dove su uno c'era scritto «Maledetti». Sull'altro: «La pagherete. Dio vi giudicherà». Sei parole. Ma i carabinieri vanno cauti anche in questo. «Non sappiamo dicono gli investigatori - se quelle parole siano riconducibili alla morte dei coniugi. Come non sappiamo se erano parole riferite a loro». Come non si sa chi sia morto per primo. Se il padre di Silvia, o la madre.
O se qualcuno sia morto per cause naturali. E poi quelle tracce di sangue in altre due cinture da accappatoio trovate dentro un sacchetto chiuso nel cestino del bagno. La procura di Vicenza ha aperto un fascicolo per il reato di duplice omicidio suicidio.
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