No, lo scontro di queste ore fra Israele e Hamas non è una resa dei conti definitiva: è soltanto un round, anche se molto importante. Lo dice il generale Yossi Kuperwasser, uno degli esperti più importanti del Jerusalem Center for Public Affairs, famoso esperto di strategia, di sicurezza e di mondo arabo. Dall'esercito dove ha diretto il settore ricerca, è passato a direttore generale del ministero degli Affari Strategici occupandosi con taglio nuovo di antisemitismo. Adesso fra un incontro e l'altro ci affida i suoi pensieri, molto diretti e privi di illusioni o ideologie.
Netanyahu e il ministro Gantz sembrano promettere alla popolazione bombardata, tormentata da Hamas, lo smantellamento definitivo dell'organizzazione.
«Si tratta di un altro capitolo di una lunga storia, un capitolo con caratteri di estrema durezza data la smodata aggressività di Hamas che ha bombardato Gerusalemme e Tel Aviv, terrorizza la popolazione civile del sud giorno dopo giorno, ha fatto morti e feriti a tutte le latitudini con un attacco premeditato e sanguinoso».
Sta però pagando un duro prezzo, come se ci fosse una risposta non proporzionale. Ci sono crolli imponenti e bambini uccisi durante le eliminazioni mirate dei capi di Hamas.
«Penso che stavolta chi non ha un pregiudizio incancrenito e pesante contro Israele capisce che sotto un attacco di migliaia di missili, Israele ha il dovere di fermare l'attacco e di proteggere la popolazione. Israele deve attaccare gli edifici in cui si nascondono i capi di Hamas, e tuttavia noi avvertiamo uno a uno gli abitanti prima di colpire; quanto ai bambini che cerchiamo in tutti i modi di non colpire, secondo Defense for Children Palestine alcuni sono stati uccisi da missili palestinesi mal costruiti e sparati (Dcip). Detto questo, l'escalation di Hamas deve fermarsi».
Lei stesso dice che è solo un round. Presto ci saranno gli stessi problemi?
«Perché presto? Dal 2014, dopo l'ultima guerra abbiamo avuto poche aggressioni. Si tratta di garantire la messa fuori giuoco delle armi e dei leader terroristi per un bel pezzo. È quello che stiamo facendo».
Perché Israele non cerca di smantellare Hamas?
«Perché nessuno ha intenzione di governare di nuovo la striscia di Gaza; non lo vuole l'Egitto, non lo vuole Fatah, non vedo perché dovremmo metterci noi in questo guaio».
L'ipotesi «stivali sul terreno» non è contemplata?
«Ci sono tanti modi di vincere una guerra, quella è la più rischiosa, si cerca di evitarlo».
Hamas lo sa. Perché ha intrapreso una guerra perduta?
«Ne sta ricavando altissimi riconoscimenti nel mondo in cui ambisce alla leadership ideologica, quello islamista che mette la Moschea di Al Aqsa e Gerusalemme in testa ai suoi interessi. Ha intrapreso la guerra perché questo le garantisce di battere Abu Mazen e poi perché deve sperimentare i missili nuovi preparati con l'aiuto dell'Iran».
E questo li compensa dalle distruzioni in corso.
«Reputano i guadagni ideologici maggiori delle perdite».
Hamas conta anche sul sostegno di Iran e Turchia.
«E non solo. Sente anche che i commenti dell'amministrazione americana gli consentono margini di manovra. Si è sentito rassicurato».
Intanto i moti degli arabi israeliani a Lod sono molto preoccupanti. Una nuova Intifada di cittadini israeliani musulmani contro gli ebrei?
«Difficile dirlo. Noi sopravvalutiamo sempre l'integrazione, il senso di comunanza nella democrazia. La loro leadership alla Knesset ha rifiutato il giuramento di fedeltà al Paese, gli abitanti delle case di Lod vedono stupefatti i vicini dare fuoco alle auto nei comuni parcheggi. Storia molto difficile».
Quanto dura ancora questa guerra?
«Se è una
guerra, dura ancora settimane. Se invece è solo un grande scontro e possiamo accontentarci di risultati che garantiscano la quiete, poco. Per ora, Hamas ha ancora i missili nascosti, e i terroristi che li lanciano a centinaia».
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