"Hamas sacrifica i civili per i suoi scopi. Ma così sta vincendo la guerra mediatica"

L'esperto di terrorismo: "I tunnel concepiti per usare i palestinesi come scudi umani e massimizzare i morti"

"Hamas sacrifica i civili per i suoi scopi. Ma così sta vincendo la guerra mediatica"
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«Hamas mente sulle vittime palestinesi, ma sta vincendo la guerra mediatica contro Israele. Mettere a rischio la popolazione è una scelta razionale del gruppo islamista, che usa deliberatamente i civili come scudi umani». Claudio Bertolotti, ricercatore Ispi e direttore di Start InSight e di ReaCT (Osservatorio sul Radicalismo e il Contrasto al Terrorismo) ha appena pubblicato Gaza Underground, analisi di un conflitto in cui la dimensione sotterranea è diventata il fulcro della strategia di Hamas e la disinformazione una tecnica di combattimento.

Il mondo s'indigna per i raid israeliani a Gaza. È la vittoria di Hamas?

«È la trappola mediatica in cui Hamas ha trascinato Israele. Purtroppo le vittime collaterali sono un rischio inevitabile in un contesto di guerra urbana e sotterranea, specie se la controparte sovrappone la componente civile non combattente a quella combattente».

Lei documenta come la strategia di Hamas a Gaza, basata sull'uso dei tunnel, consista proprio nel massimizzare il numero di vittime civili, in modo da aumentare l'odio verso il nemico. Israele è caduto nella trappola?

«È caduto nella trappola cognitiva di Hamas, che punta a indirizzare il nostro pensiero. La disinformazione viaggia a ritmi molto più veloci delle indagini, come nel presunto attacco israeliano dello scorso ottobre all'ospedale Al-Ahli, quando le principali agenzie di stampa si basarono sulle false dichiarazioni dell'autorità sanitaria controllata da Hamas. In attesa che si accertino i fatti, Hamas influenza l'opinione pubblica mondiale, sia arabo-musulmana che occidentale. In realtà, come dimostrano le analisi statistiche, il numero di vittime civili a Gaza è il più basso di tutte le guerre urbane combattute nella storia dell'umanità».

Hamas denuncia oltre 36mila morti.

«Quei numeri non sono verosimili a livello statistico. Se anche si prendessero per buoni, tutti gli altri conflitti urbani della storia hanno fatto molte più vittime».

Quei morti stanno alienando a Israele la solidarietà del mondo.

«Il punto è che distruggere i tunnel è impossibile se non accettando l'impatto fortissimo sui civili. E i tunnel sono lo strumento chiave della strategia militare di Hamas. La maggior parte sono costruiti sotto siti civili, in aree densamente popolate. Non dimentichiamo che dall'area di Rafah partono ancora i razzi che colpiscono Israele. È la conferma che i combattenti di Hamas si nascondono fra i civili».

Per questo Israele non vuole arretrare su Rafah?

«Se l'obiettivo è rendere Hamas incapace di offendere, è necessario che Israele porti a compimento l'offensiva. Dall'area urbana di Gaza provengono sempre meno attacchi da quando Israele ha imposto la propria presenza militare. Non accade così a Rafah, dove l'offensiva non è stata ultimata e dove, fra superficie e sottosuolo, Hamas ha ancora rifugi, depositi militari e basi di lancio di razzi».

Israele rischia di perdere il sostegno internazionale?

«Pesano gli appuntamenti elettorali in Europa e negli Usa, dove cresce il timore politico di essere considerati sostenitori di azioni militari impopolari. Nel tempo, sono convinto che la vicinanza a Israele si consoliderà».

Molti Stati si muovono per il riconoscimento di uno Stato palestinese. Hamas vuole i due stati?

«Per Hamas, quel riconoscimento è il primo

passo verso la cancellazione dell'identità ebraica, di Israele come Stato e come popolo. Hamas - lo dice il suo Statuto - vuole la distruzione totale di Israele e l'istituzione di uno Stato palestinese dal fiume al mare».

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