Hezbollah attacca Tel Aviv. L'Idf: "Entriamo in Libano"

Tajani: "Via gli italiani". Biden: "Guerra totale ancora possibile". Ottimismo per la mediazione Usa: "Passi avanti per la tregua"

Hezbollah attacca Tel Aviv. L'Idf: "Entriamo in Libano"
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Siamo a un passo dalla guerra aperta, al confine tra Israele e Libano, dopo undici mesi di combattimenti più limitati. Raffiche di razzi di Hezbollah hanno continuato a colpire il Nord dello Stato ebraico, e un missile è stato intercettato sopra Tel Aviv, mentre l'esercito israeliano ha lanciato nuove ondate di attacchi aerei nel Sud del Paese dei Cedri. Il capo dell'esercito Herzi Halevi ha avvertito i soldati: «Preparatevi a un possibile ingresso».

Un'offensiva di terra di Israele, dunque, potrebbe essere il passo successivo, l'escalation è allarmante. Ma i media libanesi in serata hanno fatto sapere che «progressi significativi» sono stati registrati per una tregua. Joe Biden invece è sembrato ancora preoccupato: «Una guerra totale nella regione è ancora possibile». Aerei da guerra con la Stella di David ieri hanno preso di mira pure diverse località nella zona di Baalbek, nella valle della Bekaa. I caccia israeliani hanno colpito più di 280 obiettivi di Hezbollah. Sono state distrutte apparecchiature di sorveglianza, sale di comando e altre infrastrutture. Ma il Partito di Dio non è rimasto a guardare. Ieri ha addirittura sparato un missile balistico contro il quartier generale del Mossad a Tel Aviv. Il missile terra-terra è stato intercettato. In serata due droni partiti dall'Irak sono caduti sul porto di Eilat, uno ha causato due feriti.

La tensione sale e i segnali che arrivano non sono confortanti. Decine di soldati americani sono stati dispiegati a Cipro. Tsahal ha invece annunciato di aver richiamato «due brigate di riservisti per missioni operative nell'arena settentrionale». L'annuncio indica che Israele sta pianificando un'azione ancora più dura contro il gruppo libanese. Ma il conflitto si allarga anche ad altre aree, non proprio centri controllati da Hezbollah. Un raid dello Stato ebraico ha preso di mira una cittadina di montagna a Nord di Beirut per la prima volta. I residenti del villaggio sciita di Maaysara, situato nella regione montuosa di Kesrouan, a maggioranza cristiana, hanno confermato di aver sentito due forti esplosioni, tre sono state le vittime. Mentre è di 51 morti e oltre 220 feriti il bilancio aggiornato, ma ancora provvisorio, dei bombardamenti di ieri, 90mila sono gli sfollati.

Ma il panico e il terrore crescono. Migliaia di famiglie stanno fuggendo disperate dal Paese dei Cedri verso la Siria. Sono centinaia i veicoli in coda. Molte persone arrivano anche a piedi, trasportando ciò che possono. Grandi folle, che includono donne, bambini piccoli e neonati, sono in fila dopo aver trascorso la notte all'aperto con temperature basse. Alcuni portano con sé ferite fresche dovute ai recenti bombardamenti. Rula Amin, portavoce per il Medioriente e il Nord Africa dell'Unhcr, ha spiegato: «Molti dovranno passare la notte all'aperto aspettando il loro turno». L'agenzia Onu, insieme alla Mezzaluna rossa siriana, sta fornendo acqua, materassi, coperte e cibo. E anche Antonio Tajani ha consigliato agli italiani: «Lasciate il Libano. Ci sono ancora voli da Beirut verso l'Italia».

La comunità internazionale intanto cerca di scongiurare il peggio. Anche Antony Blinken ha spiegato che, sebbene Israele abbia un «problema reale e legittimo» con Hezbollah, la questione deve essere risolta tramite la diplomazia piuttosto che con la guerra. «Dopo gli orribili eventi del 7 ottobre di Hamas, il Partito di Dio ha iniziato a lanciare razzi contro lo Stato ebraico. Le persone che vivevano nel Nord hanno dovuto evacuare le loro case. I villaggi sono stati distrutti, 70 mila israeliani sono stati costretti ad abbandonare le loro abitazioni, e Tel Aviv ha iniziato a rispondere al fuoco». Il portavoce di Unifil, Andrea Tenenti, ha precisato che anche la missione Onu è impegnata a «cercare di allentare la tensione, ma la situazione è decisamente molto imprevedibile». Sono circa 10mila i caschi blu impegnati in Libano, tra cui circa 1.200 militari italiani.

Mentre il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, ha fatto notare che le prossime 24 ore saranno «cruciali». Al Consiglio di Sicurezza dell'Onu è previsto un incontro d'urgenza sulla situazione nel Paese dei Cedri. E fonti diplomatiche parlano di una «tregua mediata dagli Usa ancora possibile».

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