«Mi sono fermato qualche minuto, da solo, davanti ad Alex, ai piedi del suo letto in terapia intensiva. Ho recitato una preghiera e impartito una benedizione. Il suo sguardo mi ha trasmesso la forza di un uomo che ha voglia di vivere e di continuare a combattere». L'arcivescovo di Siena, monsignor Paolo Lojudice, è appena rientrato da una visita privata ad Alex Zanardi, all'ospedale Le Scotte di Siena. È commosso, nel raccontare al Giornale la testimonianza «di fede, di coraggio e di vita» che l'ex campione di automobilismo trasmette. Ed ha avuto, confessa l'arcivescovo, la sensazione che i medici siano fiduciosi. «Ho avvertito uno spiraglio di positività».
Eccellenza, come è stato l'incontro con Zanardi?
«Alex è una persona di grande levatura, di grande coraggio, e dopo i primi giorni dall'incidente ho chiesto ai medici di potergli fare visita. Ho atteso il momento opportuno, in genere la mattina va a trovarlo il figlio e il pomeriggio la moglie Daniela. Sono potuto restare da solo con lui per qualche minuto, ho recitato una preghiera, ho dato una benedizione e affidato la sua vita alla misericordia di Dio».
Cosa le hanno detto i medici?
«Ho letto in loro una vena di positività, Alex ce la potrebbe fare. Sono fiduciosi, anche se il trauma è stato fortissimo. Le condizioni sono molto critiche, l'urto ha colpito violentemente la testa ma gli altri organi non hanno subito danni. La fortuna, nella disgrazia, è che la testa si sia rotta e non sia scoppiata dall'impatto. Sarebbe morto sul colpo. Alex ha riportato un fortissimo trauma cranico, è già un miracolo che sia vivo».
Cosa ha visto nello sguardo di Zanardi?
«Ha un occhio coperto, e l'altro ancora tumefatto. Ma lo sguardo arriva dritto al cuore. Ho avuto la sensazione di avere di fronte un uomo che combatte per la vita, un lottatore, un uomo che ha ancora voglia di vivere e di continuare a combattere; un combattente che ha preso un sacco di colpi in faccia ma continua a lottare. Il suo fisico lo aiuta, un fisico da atleta, robusto, massiccio, con una bella muscolatura».
Lei rappresenta una chiesa che si fa prossima a chi soffre.
«È un piccolo segno di vicinanza alla moglie e al figlio. Dopo la lettera del Papa, ho voluto esprimere un ulteriore segno di affetto a una famiglia che sta vivendo una tragedia davvero grande. Quella della chiesa è una presenza sempre importante, è un segno di accompagnamento anche ai medici, in questi momenti così delicati, e agli ammalati tutti. Siena è davvero un ospedale di eccellenza, l'ho sperimentato in questo periodo anche con il Coronavirus. In questo senso, Alex è in buone mani».
Alex rappresenta un campione di speranza, in un'Italia che in questo momento ha proprio bisogno di segnali di speranza.
«Sì, davvero. Speriamo che torni a raccontare anche questa esperienza, oltre a quanto già fatto finora con i suoi racconti, i suoi libri, la sua testimonianza di vita. Ha una forza e un'umanità davvero uniche. Non si è mai fermato, nemmeno di fronte al primo gravissimo incidente. Da lui arrivano messaggi di una forza e valenza uniche. Di fronte a una simile tragedia, che ha causato la perdita delle due gambe, è stato in grado di rinascere, di rimettersi in gioco, di sfidare la vita. È un esempio per i giovani, per tutti. Alex è una persona che dà una bella testimonianza di forza, di umanità, di riscatto».
Che messaggio vuole dare alla famiglia?
«L'augurio è che ce la faccia davvero, sarebbe una testimonianza di una forza grandissima, anche se siamo tutti nelle mani di Dio. Tutti noi ci auguriamo che accada. Forza Alex. Tornerò a trovarti. Continuo a pregare per te».
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