«Ho schiantato la vita di cinque persone». Forse è racchiusa tutta in questa frase, il nodo dell'inchiesta avviata dalla procura di Ivrea per accertare la dinamica e le eventuali responsabilità dell'incidente che ha falciato cinque operai mentre stavano lavorando lungo i binari della ferrovia, nei pressi di Brandizzo, nel torinese. A pronunciare queste terribili parole è stato Antonio Massa, il così detto «scorta ditta», ossia il tecnico addetto alla manutenzione di Rfi che materialmente avrebbe dovuto dare il consenso all'inizio dei lavori, una volta appurato che lungo quella tratta di binari non sarebbero più passati i treni fino al termine degli interventi di manutenzione.
Parole pesanti come un macigno che Massa si porterà dietro tutta la vita, al di là delle conseguenze penali che stabiliranno gli inquirenti. «Pensavo che il treno fosse già passato», ha spiegato Massa disperato al magistrato che lo incalza: «Ma lei l'ha visto passare?». «No», risponde il superstite che da quel momento diventa un indagato. E così allo choc per aver assistito ad una scena raccapricciante ora l'uomo deve fare i conti anche con il peso psicologico di una eventuale responsabilità. Stesso doppio dramma lo vive l'altro sopravvissuto e indagato Andrea Girardin Gibin, il capocantiere di 53 anni della Sigefer, al quale toccava dare il via ai lavori degli operai, dopo aver ricevuto la comunicazione sulla chiusura totale dei binari.
La procura ora cercherà di ricostruire minuto per minuto cosa è successo quella terribile notte, raccogliendo video, fotografie e documenti che potranno aiutare i magistrati a fare chiarezza. Fondamentali le telefonate registrate di quella notte tra Massa, addetto di Rfi, e la dirigente movimento della stazione di Chivasso. È in queste telefonate, infatti, uno dei nodi della questione. Secondo le procedure, il delegato Rfi sul posto può dare il via libera al cantiere solo dopo aver ricevuto l'ok dal dirigente al movimento, ossia quando quest'ultimo conferma che il traffico ferroviario è interrotto. Secondo i documenti in possesso della procura quella notte, su quei binari, era previsto il passaggio di tre treni: uno di linea, uno di servizio - quello che ha travolto i cinque operai - e un altro all'una e mezza del mattino. Alcune immagini riprenderebbero il passaggio del primo treno con gli operai - già all'opera per intervenire sui binari - che poco prima si spostano a lato del binario per far transitare il locomotore. Poco prima di mezzanotte, nella seconda telefonata per appurare l'orario di arrivo del treno, le voci dei due dirigenti sono sopraffatte da un boato assordante, grida e rumore di ferraglia: il treno merci ha appena travolto e ucciso cinque operai. Il dirigente di Chivasso chiede cosa sia accaduto e Massa con un filo di voce risponde: «Sono tutti morti». Del resto fin dalle prime ore dopo la tragedia, le ipotesi investigative hanno parlato «Violazioni molto importanti della procedura di sicurezza» e «l'incidente poteva essere evitato se il protocollo fosse stato seguito regolarmente».
Mentre le indagini continuano, i familiari aspettano la restituzione dei corpi dei loro cari. Purtroppo l'attesa non sarà breve. Il passaggio del convoglio ha avuto conseguenze terribili e un'equipe di medici legali si sta occupando dell'identificazione dei resti.
«Non sarà una cosa breve ha detto il procuratore di Ivrea, Gabriella Viglione Le attività sono già iniziate ma si tratta di un lavoro tecnico estremamente delicato». Per i funerali di Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà, bisognerà ancora aspettare.
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