Omicidio Tramontano, Impagnatiello interrogato per cinque ore: "Ho ucciso Giulia, non saprò mai perché"

Impagnatiello: "Numero di coltellate scoperto in tv. Incontro a tre? Troppo umiliante"

Omicidio Tramontano, Impagnatiello interrogato per cinque ore: "Ho ucciso Giulia, non saprò mai perché"
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Non un lacrima, non un momento di cedimento, non un ricordo di Giulia, nel giorno del suo interrogatorio, che per una tragica casualità cade nell'anniversario del delitto. Se non quando dedica un pensiero che suona come uno sfregio, a lei e al piccolo che portava in grembo: «Era la donna della mia vita, quel bambino era anche mio».

Alessandro Impagnatiello parla per cinque ore quasi filate, senza esitazioni, e si prende letteralmente tutta la scena. La madre di Giulia, Loredana, resta stoicamente seduta in aula, ascoltando ogni parola del suo racconto, persino quando ricostruisce il delitto, con gli occhi fissi alla foto della figlia davanti a sé. Dai banchi dove sono seduti i familiari della ragazza si sente rumoreggiare, diverse volte. Sono voci di sdegno.

Sono tante le contraddizioni nella versione del barista che sia la pm Alessia Menegazzo e l'aggiunta Letizia Mannella, che la presidente della Corte, Antonella Bertoja, gli fanno notare: il tappeto e il divano della casa di Senago rimasti immacolati dopo le 37 coltellate (e quindi forse spostati oppure coperti) con il resto della stanza «accesa al giorno» dal luminol. Le concentrazioni di veleno per topi nel corpo di Giulia, che si incrociano con le ricerche web che via via sembrano cambiare obiettivo, dal bambino alla ragazza stessa, quando lei, ormai dopo il terzo mese, si rende conto che non può più abortire anche se vorrebbe. Esiti scientifici che non coincidono con la sua ultima versione raccontata ieri, quella in cui sostiene di averle dato solo «un chicco di riso» di topicida e in sole due occasioni, a distanza di pochi giorni, all'inizio di maggio, mentre dormiva con la bocca semiaperta, solo per farla abortire.

Altre contraddizioni riguardano l'acquisto di cloroformio su internet. «Mi serviva per costruire un acquario per le meduse». E anche il ruolo dell'altra ragazza, la collega con cui aveva una storia e che rimase incinta a sua volta. L'accusa gli mostra i messaggi in cui le scrive che la ama, ma Impagnatiello nega di avere provato sentimenti. «Avevamo una relazione solo carnale. Era lei che continuava a tornare da me».

É un racconto densissimo di dettagli, fin troppi. A ogni domanda risponde per diversi minuti. Solo sul perché l'abbia uccisa, afferma di non sapere rispondere. Quel che è certo è che appare lucido, con una personalità gigantesca che non cela, anzi, utilizza come una giustificazione quasi fosse in perenne ansia da prestazione. «Ho sempre voluto apparire perfetto agli occhi degli altri» dice di sé e racconta di essersi fatto prescrivere degli ansiolitici ultimamente, rispondendo alle domande delle sue avvocate, Samanta Barbaglia e Giulia Geradini. Tira in ballo l'infanzia, non solo il padre biologico, a suo dire maltrattante («una volta mi rivolse contro un forcone, durante un litigio con mia madre»), ma anche la maestra delle elementari, tale Annamaria, che gli mise un brutto voto, dandogli una brutta delusione. «Ero distrutto, non andai a scuola per due giorni». L'accusa gli mostra infine una sua lettera indirizzata a Giulia, in cui le giura amore eterno e afferma che darebbe la vita per lei. Il contrario di ciò che è avvenuto.

«Andai a pranzo con mia madre, con il corpo di Giulia nel baule» ammette.

Poco prima dell'interrogatorio fiume, ha testimoniato Giulio Buttarelli, a capo della Omicidi dei carabinieri, che si è concentrato soprattutto sulle ricerche web. «Poco dopo l'omicidio cercò i risultati di Atalanta-Inter», ha spiegato. Anche qui, rumore in aula.

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