Hotel e viaggi già pagati. La bufala del bavaglio Rai

Lo scrittore era in promozione e la Bortone diede l'ok all'ospitata gratuita. Poi la trappola

Hotel e viaggi già pagati. La bufala del bavaglio Rai
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La prova provata che la censura non c'è stata sta in una mail. Sono le 1742 del 19 aprile quando Ilaria Mecarelli, capo progetto di Chesarà e persona di fiducia di Serena Bortone, scrive ai piani alti di viale Mazzini, e più precisamente al vicedirettore della Direzione Approfondimento Giovanni Alibrandi, mettendo in fila gli ospiti per la puntata del giorno dopo, sabato 20 aprile. Il nome di Antonio Scurati c'è, eccome se c'è, ma accanto si nota la dicitura Tg, titolo gratuito. Insomma, l'alta dirigenza della Rai si deve essere scocciata di una trattativa economica estenuante e non ancora chiusa, arrivata a un cifra di 1500-1800 euro, e ha deciso di non pagare lo scrittore per un monologo lungo come un respiro, pochissimi minuti, e considerato un documento politico, più che una prova letteraria. Ma soprattutto, immaginato da un narratore che è in promozione. Doppia promozione, perché il 7 maggio uscirà la sua graphic novel, ed è in rampa di lancio la serie per Sky tratta dal suo romanzo su Benito Mussolini.

È una consuetudine che molti giornalisti e saggisti conoscono bene: quando hanno fra le mani un nuovo titolo, la Rai li invita ma azzera i compensi, perché, a torto o a ragione, ritiene più che sufficiente la pubblicità via schermo.

È quel che capita a Scurati. La storia del suo martirio deve essere raccontata in altro modo: nessuno ha mai messo in discussione la sua presenza, l'unico ad essere stato censurato - anche se è antipatico dirlo ed è triste dover scendere in questi dettagli - è il suo portafoglio.

E quella mail, delle 1742 del 19 aprile, certifica il fatto: lo staff di Bortone dà l'ok all'arrivo dell' intellettuale gratis. Nessun oscuramento dell'antifascismo militante.

La controprova, come documenta Nicola Porro che ha pubblicato alcune carte inedite sul suo sito, è un'altra mail che parte alle 1741, un minuto prima, con il comunicato stampa relativo all'ormai famigerata puntata: di nuovo il nome di Scurati c'è. E Scurati leggerà il suo monologo. Solo che dietro le quinte si è stabilito, per una ragione o per l'altra, di non dargli un euro.

Si può legittimamente criticare questa mossa, ma va detto con lealtà che tutta la polemica montata per una settimana e tutta la teologia del martirio appaiono a questo punto lunari.

L'opinione pubblica è finita dentro una trappola mediatica che si scatena la mattina successiva quando Serena Bortone lancia con un post l'allarme, le opposizioni si convincono che il premio Strega sia stato imbavagliato e che la democrazia sia in pericolo.

Insomma, nella giornata di sabato Bortone mette in moto la valanga che travolge tutto e tutti: Scurati sceglie di non andare a Roma (e di non partecipare in alcun modo alla trasmissione, per esempio in collegamento da Milano), l'Italia intera pensa che l'abbiano estromesso per la sua linea politica, con una mossa orbaniana degna di un paese autoritario.

Ma ancora una volta le carte non mentono: già la mattina del 19 aprile erano stati acquistati i biglietti per il treno, naturalmente in prima classe, andata e ritorno da Roma. E poi una camera all'hotel River Chateau della capitale.

L'operazione viene ovviamente annullata all'ora di pranzo di sabato quando ormai il caso si é trasformato in una storia da Paese non libero. Ma fino a quel momento l'occhiuta Rai, la Rai che voleva cacciare lo scrittore antimeloniano, aveva prenotato viaggio e pernottamento.

Il monologo di Scurati diventa il simbolo di una fantomatica resistenza al regime meloniano che però non c'è. E tutta la storia si può riassumere nel cambiamento di una lettera: da to a tg, da titolo oneroso a titolo gratuito.

Intanto,

Scurati si scusa con il Tg1: «Mi accorgo solo ora di aver fatto un'affermazione inesatta» in un'intervista a Repubblica. «L'accusa di vilipendio alle istituzioni mi è stata rivolta in un contesto televisivo diverso dal Tg1».

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