Nonostante la nostra Costituzione sia molto chiara sul diritto di parola e di espressione, e non lasci spazio a interpretazioni, a sinistra sono convinti che valga solamente quando si tratta di loro. La cosa grave è che questa convinzione arriva dagli ambienti universitari dove, probabilmente, si sta formando la futura classe dirigente. I collettivi studenteschi che si rifanno al comunismo stanno cercando di trascinare l'Italia in una nuova era buia, molto simile a quegli anni Settanta che tanto sangue hanno lasciato sull'asfalto. Non sono in grado di accettare che gli italiani abbiano democraticamente dato la maggioranza parlamentare al centrodestra e stanno cercando di sovvertire il risultato delle elezioni. E si definiscono democratici.
Il diktat dei collettivi
Lo dimostra quanto accaduto a La Sapienza, dove i collettivi rossi, probabilmente punzonati dagli ambienti estremisti esterni, hanno tentato di fare irruzione all'interno di un seminario regolarmente autorizzato organizzato da Azione universitaria. La presenza di un esponente di Fratelli d'Italia e di Daniele Capezzone ha scatenato la protesta dei comunisti universitari, che hanno provato a entrare con la forza per fermare il seminario, scontrandosi con la polizia che era stata chiamata a presidiare gli ingressi per garantire il diritto di espressione. Dopo un'occupazione per rivendicare una università "antifascista", "anticapitalista", "ecologista", "transfemminista" e "antirazzista", ora i collettivi chiedono le dimissioni del rettore, Antonella Polimeni, che aveva autorizzato il seminario. Richiesta, ovviamente, rispedita al mittente.
Intervistata da La Stampa, Antonella Polimeni è stata categorica nel respingere la richiesta pretestuosa, e a tratti preoccupante, degli studenti. Ha spiegato che sulla base "delle informazioni in mio possesso, risulta che ai manifestanti fosse stata offerta l'opportunità di far entrare un piccolo gruppo di persone per esporre il loro striscione ed eventualmente intervenire al convegno. Loro hanno declinato questa offerta e ribadito di voler entrare tutti". A quel punto, verificandosi momenti di tensione, le autorità preposte alla sicurezza, "hanno agito per garantire la prosecuzione dell'incontro e per tutelare la sicurezza di chi ne prendeva parte". Si trattava "di un convegno regolarmente autorizzato, a cui partecipavano docenti de La Sapienza, parlamentari di centrodestra e giornalisti".
Mobilitazione studentesca
A La Sapienza si respira un clima poco democratico. I collettivi studenteschi parlano di "repressione" e "abuso di potere" per descrivere l'azione di polizia che ha impedito loro l'assalto al seminario di Azione universitaria. Il diritto di espressione non vale per chi ha idee diverse dalle loro, che devono avere la possibilità di far tacere chi non è allineato, anche con la forza. Ma basta dare un occhio ai collettivi che rivendicano questi diritti, per capire quello che sta succedendo negli ambienti universitari. A La Sapienza, a fomentare la protesta sono: l'Organizzazione giovanile comunista del collettivo di Scienze Politiche, il Fronte della gioventù comunista, il Collettivo di fabbrica della Gkn, gli studenti provenienti da Bologna.
Rifuggono "la logica del merito e dalla produttività" perché li fa "essere in perenne competizione tra noi a discapito del nostro benessere fisico e psicologico". Considerano il merito "uno strumento con cui si acuiscono le differenze di classe tra gli studenti". Vogliono diventare "non solo utenti ma protagonisti' . Un protagonismo che potrebbe avere riflessi anche sulle piazze e che potrebbe essere strumentalizzato da chi punta a far salire la tensione, come sta accadendo.
Lo ha fatto capire il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, lo ha ribadito il capo della Polizia Lamberto Giannini. E per il 4 novembre, quando è in programma una nuova mobilitazione con possibile corteo, l'allerta è già alta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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