I commercialisti non ci stanno: "Il governo ci sta attaccando"

Il presidente del Consiglio nazionale Massimo Miani contro il Daspo per i professionisti. Sconcertati, pensino a semplificare

I commercialisti non ci stanno: "Il governo ci sta attaccando"

Lo sconto fiscale per chi usa carte e bancomat al posto dei contanti è una buona idea o rischia di trasformarsi in un boomerang?

«Ogni nuova complicazione che viene introdotta, in un sistema già complesso come il fisco italiano, è un problema», risponde Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti. «Giusto lottare contro l'evasione: chi non è d'accordo? Ma non si può continuamente aggiungere costi ai contribuenti onesti, che pagano le imposte e devono anche farsi carico delle complesse procedure burocratiche per versarle».

Già, perché anche presentare la dichiarazione dei redditi ha un costo, se ci si deve rivolgere all'esperto per far valere tutte le detrazioni: tempo, denaro, documenti da conservare.

«Guardi, noi siamo una professione che vive prevalentemente grazie al sistema fiscale: se diciamo noi che è troppo complesso vuol dire che è vero. Ripeto: sulla bilancia va messo quanto sostanzialmente si pensa di recuperare, a fronte di quanti costi in più avrebbero i contribuenti».

E i commercialisti, addirittura minacciati di Daspo come i tifosi se certificano crediti d'imposta inesistenti?

«Siamo sconcertati da questo attacco, tanto più che già oggi chi si comporta così non sfugge alla responsabilità penale. Inoltre ci sono le sanzioni previste dai procedimenti disciplinari del nostro Ordine che possono arrivare anche alla radiazione. Perciò, se il governo è a conoscenza di casi di questo tipo perché non ce li ha segnalati? Piuttosto, pensiamo a risolvere i problemi urgenti, come il caos dell'ISA».

Il sistema che ha sostituito gli studi di settore, che vi ha spinto allo sciopero?

«Sì: come abbiamo detto al viceministro dell'Economia e Finanza, Antonio Misiani, si sono accavallati errori, correzioni e ritardi tali da impedirci di rispettare le tempistiche, tanto che si sono mossi anche i Garanti del Contribuente. Noi avevamo chiesto di rendere facoltativi gli Isa per il primo anno, ma si sa: le esigenze di gettito prevalgono su tutto. Adesso la politica ci ascolti e cerchiamo almeno di mettere ordine. Anche sulla tracciabilità bisogna fare un'analisi chiara; si è sentito di tutto».

Infatti: dal «bonus Befana» sulle spese tracciate, alla restituzione sull'estratto conto degli importi pagati con moneta elettronica. Tutte cose che richiedono un'attività di controllo gigantesca, è d'accordo?

«Certo, sia controlli da parte dell'amministrazione finanziaria che dei contribuenti stessi, che dovrebbero conservare una quantità di giustificativi. E anche a carico della nostra categoria, che già oggi si trova a dover fare del lavoro in più non retribuito a causa della complessità crescente del sistema fiscale, per di più in molti casi appesantito dall'incertezza delle regole. Qualunque complicazione venga introdotta, sia pure per il nobile fine della lotta all'evasione, si traduce per noi in maggiori costi: ma non possiamo ribaltarli sul cliente, oltre certi limiti».

In altri termini: se per avere 100 euro in più di detrazione fiscale bisogna pagarne 50 al commercialista, e in più perdere tempo a collezionare scontrini, la convenienza per il contribuente si riduce a poca cosa.

«Voglio essere chiaro: agevolare la tracciabilità può essere una strada praticabile per battere l'evasione, a differenza dell'idea originaria di tassare i contanti, che è totalmente sbagliata. Però il sistema non può diventare insostenibile».

Tra l'altro, si parla spesso della giungla delle detrazioni, bisognosa di sfoltimento: ma così se ne aggiungerebbero di nuove. Lo Stato non finirebbe per perderci, anziché guadagnarci?

«Certo, bisogna fare dei conti e delle previsioni precise.

I consumi che si vogliono spostare dal contante alla moneta elettronica potenzialmente sono una platea infinita: va fatta un'analisi di quelli a cui vale la pena applicare gli sgravi, facendo emergere il sommerso, per dare un vero vantaggio ai conti pubblici».

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