La Rai contro cui il Pd protesta è piena zeppa di giornalisti e dirigenti con la tessera Pd nel taschino. Non per nulla il braccio destro della Schlein in questa battaglia, Sandro Ruotolo (già iscritto al Pci, sezione di Fuorigrotta) è un ex uomo Rai, uno dei tantissimi passati armi e bagagli dalla tv pubblica al Pd. Negli anni Viale Mazzini è stata una vera fucina di candidati del Pd, da Piero Badaloni (prima Tg1, poi governatore del Lazio) a Piero Marrazzo (prima Tg2 poi governatore del Lazio, con ritorno in Rai) agli eurodeputati Lilli Gruber e Michele Santoro, David Sassoli e Corrado Augias (prima Rai, poi Strasburgo con i Ds poi ancora Rai da cui ora è scappato perché troppo politicizzata), e altri.
Alcuni, i volti più noti, si buttano in politica. Altri, i più, restano in azienda, sempre sotto l'ala tutelare del partito, che assicura protezioni e carriere, altro che sit-in. Del resto se l'«occupazione della Rai» è appannaggio di chi governa, il Pd nell'ultimo ventennio ha governato quasi quindici anni, con premier Pd (Letta, Renzi, Gentiloni, Prodi) o maggioranze di cui faceva parte il Pd (Conte, Draghi, Monti) e inevitabili conseguenze sugli organigrammi di Viale Mazzini, anche quando governano gli altri. Gli uomini e donne in quota Pd occupano molti posti di rilievo, direzioni e vicedirezioni. Ne abbiamo fatto un rapido elenco sul Giornale qualche giorno fa. Ci sono ben nove direzioni targate Dem: Tg3, RadioTre, Rai Cultura ed Educational, Direzione editoriale, Rai Digital, Rai Kids, Rai Distribuzione, Rai Sostenibilità diretta dall'ex portavoce della presidente della Camera Laura Boldrini (nella foto sotto) e la ricchissima Rai Fiction. Poi il Pd ha un suo giornalista come condirettore della TgR, la testata regionale (molto utile in periodo di elezioni amministrative) a cui aggiunge anche un vicedirettore. Poi c'è un esercito di vicedirettori nei tg guidati da direttori non Pd. E quindi i conduttori di area, e poi il principale sindacato dei giornalisti Rai, l'Usigrai, fortemente sbilanciato a sinistra. Nel cda, poi, non c'è solo la consigliera indicata dal Pd, Francesca Bria, anche la presidente della Rai Marinella Soldi (nel tondo in alto) ormai è considerata di area Elly. Ma anche tralasciando le poltrone, Elly Schlein potrebbe accusare la tv di Stato di dare troppo spazio non al governo, ma al segretario del Pd. Se si guardano le statistiche prodotte per Viale Mazzini dall'Osservatorio di Pavia si vede che è proprio la Schlein il soggetto politico-istituzionale più esposto nei tg di Rai Uno, quelli più seguiti. Il segretario dem ha il 7,85% del tempo di parola al Tg1 (dati di dicembre, quelli più aggiornati), più di Mattarella, più della Meloni, più di tutti. Negli altri due tg Rai, il Tg2 e Tg3, la Schlein arriva terza, dopo il presidente della Repubblica e il premier, che parlano in video anche per il ruolo istituzionale. Bavaglio? Nel totale dei tg il Pd ha il 13% del tempo di parola, secondo solo a Fdi (ma non sul Tg3, dove invece supera il partito della premier), più di tutti gli altri partiti di maggioranza e opposizione.
Più complessivamente, sempre secondo l'Osservatorio di Pavia «nel doppio trimestre giugno-dicembre 2023, la percentuale di tempo in voce del governo, pari al 25,5% del totale, risulta leggermente inferiore alla quota media di tempo in voce registrata per l'esecutivo nelle legislature precedenti, collocata intorno al 30%». Più spazio nell'opposizione che in passato, dicono i dati.
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