I due leader si evitano Le vere consultazioni? Nella cantina di Vespa

Niente brindisi o incontri. Ma tutti (tranne Di Maio) passano dallo stand del giornalista

I due leader si evitano Le vere consultazioni? Nella cantina di Vespa

Doveva nascere sotto le «ombre de vin» che da queste parti suggellano contratti, alleanze, chiacchiere, amicizie. Invece nel paese delle ombre non c'è traccia del governo ombra. L'avevano già battezzato «patto dell'Amarone», il vino più nobile di Verona. Matteo Salvini ha preferito dedicare a Luigi Di Maio un bicchiere di Sforzato, un rosso valtellinese. «Sforzati di fare qualcosa», ha mandato a dire il leghista al grillino. In Lombardia di giochi di parole con i nomi dei vini se ne potrebbero fare parecchi, non solo con lo «Sfursat» che pure è un nettare di carattere. In Valtellina si produce pure l'Inferno e nell'Oltrepò pavese il Buttafuoco e il Sangue di Giuda. All'aspirante premier a Cinque stelle poteva capitare di peggio.

Niente incontro, niente governo ombra, ma dietro le quinte del Vinitaly non si smette di trattare. La fiera di una delle eccellenze italiane è un palcoscenico nazional popolare. E farsi vedere tra i vignaioli significa garantirsi un bagno di folla rigenerante. «Sono qui a onorare il lavoro di eroici imprenditori», dice il segretario della Lega. Salvini, Di Maio, Casellati, Meloni, Martina, Gelmini, Brunetta, Zaia: tutti a Verona in un tour tra le cantine e attenti agli incroci pericolosi. Non è difficile in una fiera enorme e affollata come un formicaio, dove ogni passo è una sosta e dopo qualche assaggio il tempo diventa un concetto evanescente.

Matteo Salvini arriva per primo tirandosi dietro le telecamere e fiondandosi a sorseggiare un Sagrantino umbro accompagnato dallo scrittore Mauro Corona, bandana in testa e un mezzo sigaro tra le dita. A sentire la presidente del Senato che inaugura la manifestazione, Salvini non ci va. Anche Giorgia Meloni evita il salone dove Maria Elisabetta Alberti Casellati porta al Vinitaly il saluto delle istituzioni. Luigi Di Maio arriva dopo pranzo, alle 14. Gli altri sarebbero tutti ancora a portata di brindisi ma le strade non s'intrecciano mai. La sua prima tappa è a un consorzio neonato, quello del Pinot grigio delle tre Venezie, con appena un anno di vita. Di Maio e il presidente, Albino Armani, si erano conosciuti a un convegno a novembre. Qualche giorno fa il leader grillino aveva fatto sapere che sarebbe andato a trovarli. Scelta mirata: nel Nordest il Pinot grigio come volumi produttivi è secondo soltanto al Prosecco.

Salvini ha un'agenda impegnativa, tra cui Confagricoltura, Coldiretti, Regione Veneto. E a metà pomeriggio una tappa obbligata nel vero cuore politico del Vinitaly. Si trova nel padiglione 7 ed è lo stand di Vespa vignaioli. Bruno Vespa è lì, anfitrione dei suoi vini (eccellenti) prodotti nella masseria pugliese presso Manduria. Se il salotto di Porta a porta è la terza Camera della Repubblica, il salottino allestito al Vinitaly è la prima cantina dello Stato. Come a Roma, l'andirivieni è continuo e l'accesso è regolato da un sommelier in frac. La prima a sedersi è Giorgia Meloni con un gruppo di parlamentari veneti di Fratelli d'Italia. Poi è la volta della Casellati accompagnata da deputati e senatori di Forza Italia. Salvini vi si reca nel pomeriggio con una robusta scorta leghista. La gente si ferma all'esterno, scatta foto, invoca il giornalista e l'aspirante premier. Qualcuno si dà di gomito: «Stanno facendo il governo». Ma l'ospite nega e tutela la riservatezza dei dialoghi.

Nel salottino di Vespa il clima è reso cordiale da un originale spumante rosé battezzato Noitre, che potrebbe essere benaugurante per l'unità dei centrodestra.

Ma i rappresentanti dei tre partiti non s'incontrano nemmeno alle consultazioni ombra, alle quali Di Maio manco si presenta. Saltato anche lo stand di Renato Brunetta, felicissimo produttore di vino (azienda agricola Capizucchi) con la moglie Titti in una tenuta a pochi passi dal santuario del Divino Amore presso Roma.

L'ex ministro ha uno stand più piccolo dove non c'è posto per i conciliaboli ma soltanto per i brindisi e l'orgoglio forzista. «Non morirò leghista e nemmeno grillo-leghista garantisce - Il governo partirà da chi ha vinto le elezioni. E se i 5 stelle non ci stanno ce ne faremo una ragione». Prosit.

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