I falchi tedeschi primo ostacolo di Palazzo Chigi

Il governicchio che stanno predisponendo nei palazzi romani nasce privo di una forte legittimazione e poggia per giunta su una maggioranza ancora controllata da Renzi

I falchi tedeschi primo ostacolo di Palazzo Chigi

Dopo la Brexit, la sconfitta di Matteo Renzi nel recente referendum ha portato un altro duro colpo all'Unione europea. In particolare, la crisi di governo indebolisce ancor più chi aveva immaginato che l'Italia del vecchio centrosinistra potesse individuare un percorso riformatore. Il governicchio che stanno predisponendo nei palazzi romani nasce privo di una forte legittimazione e poggia per giunta su una maggioranza ancora controllata da Renzi.

Quanti a nord delle Alpi si erano illusi che Renzi potesse «fare le riforme» qualsiasi cosa ciò voglia dire oggi sanno di essersi sbagliati. E a questo punto è normale che si profilino all'orizzonte tensioni crescenti. L'euro implica una certa comunanza di indirizzi, ma non è detto che tutti i membri siano in grado di adottare comportamenti virtuosi.

Non deve quindi sorprendere che la recente decisione di Mario Draghi di proseguire con il quantitative easing (di fatto a sostegno del debito italiano) sia stata accolta in maniera assai negativa dai tedeschi: né poteva essere diversamente.

Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung si è fatto esplicito riferimento al fatto che il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si è opposto alla scelta della Bce: confermando la sua ostilità verso tale politica monetaria espansiva. Sulla Bild una vignetta è arrivata ad associare le scelte di Draghi al rischio di una nuova drammatica crisi, conseguente alla moltiplicazione degli euro.

La Germania va verso le elezioni e la Merkel si trova a fare i conti con una situazione inedita: un forte concorrente collocato sulla sua destra. Per giunta, Alternative für Deutschland fin dalla sua fondazione contesta un'Unione europea che redistribuisce ricchezza grazie a politiche monetarie discrezionali. Nella polemica elettorale che già si profila, la Germania giocherà la parte della formica e le dissestate economie del Sud (con l'Italia in testa) saranno le cicale.

A Berlino molti sanno quanto possa essere disastrosa una crisi dell'euro: specie se a far precipitare la moneta non è la piccola Grecia, ma un Paese quale l'Italia. Finora i tedeschi hanno confidato nella capacità del Belpaese di stare sempre a galla, anche perché sanno bene quanto sarebbe pericoloso obbligare gli italiani a prendere atto del dissesto: causato dal combinarsi di un debito pubblico fuori controllo e di un debito pensionistico perfino peggiore.

La fine ingloriosa del governo Renzi sembra però avere tolto ogni fiducia a più di un osservatore tedesco.

Ed è facile prevedere che questo scetticismo sarà ancor più rafforzato da una campagna elettorale segnata dalla possibilità di un'ulteriore avanzata della destra populista e, di conseguenza, dalla necessità da parte dell'establishment di rispondere agli argomenti che essa sta usando.

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