"Grazie da noi bimbi". Il saluto del banchiere rimpianto da tutti. Le lacrime dei figli: "Eri come Superman"

I funerali in Veneto, nel paese natale del fondatore di Mediolanum. Il cartello colorato preparato dai piccoli, il dolore della famiglia Berlusconi, l'omaggio dell'alta finanza Don Bruno: "Ha fatto del bene a tante persone"

"Grazie da noi bimbi". Il saluto del banchiere rimpianto da tutti. Le lacrime dei figli: "Eri come Superman"

Tombolo (Pd). Su un muro, accanto all'ingresso della chiesa di Sant'Andrea Apostolo, c'è un cartello scritto con caratteri allegri e tremolanti: «Grazie Ennio da tutti i bambini di Tombolo». Sotto quel poster passano tutti i potenti che entrano nel tempio neoclassico, quasi una prosecuzione del paesaggio palladiano, e quelle parole danno la misura della giornata: quello di Ennio Doris è un funerale particolare. Niente sfarzo. Semplicità e coralità. Il paese e la comunità finanziaria stretti intorno al feretro di un uomo che era diventato famoso ma non aveva perso i colori della fiaba.

Gli amici e i compaesani fanno grappolo davanti ai maxischermi, piazzati un po' ovunque fra le case e i capannoni, quel mix unico di città e campagna, di antico e contemporaneo che è il Veneto. Dentro ci sono i Berlusconi: Silvio, accompagnato da Marta Fascina, e i figli Marina col marito Maurizio Vanadia, Eleonora e Luigi; il fratello Paolo Berlusconi che è arrivato con la figlia Alessia. E poi il numero uno di Mediobanca Alberto Nagel, Alessandro Benetton, Renzo Rosso, Marco Tronchetti Provera, Matteo Marzotto, insomma un pezzo di miracolo italiano, ma sono presenze defilate, quasi in secondo piano.

«Ennio è qui e non è qui», spiega come si può spiegare la morte don Bruno Caverzan, il parroco di Tombolo. E si capisce che aveva una grande confidenza con il banchiere che dava del tu ai grandi ma non aveva perso il filo diretto con il sacerdote. «Ennio - prosegue - mi diceva: Ma come farà un ricco ad entrare nel regno dei cieli se è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago?. La sua domanda - annota il reverendo - la teniamo aperta, ma lui ha risposto con i fatti. Ha fatto il bene, a tante persone, c'era sempre».

E forse, c'è ancora: «Dolcissimo nonno - mormora al microfono la nipote, la venticinquenne Aqua di Montigny - questo viaggio verso il cielo non potevi che farlo tu per primo, perché Ennio Doris ha sempre visto più in là degli altri. Il tuo esempio di amore verso la nonna è stato sacro. Non ti preoccupare per lei, ce ne occupiamo noi». Lina, vestita di azzurro e ancora bellissima, sorride con cenni di approvazione quando le parole accorciano e quasi schiariscono il buio del mistero.

Le telecamere di Rete 4 portano le immagini nelle case degli italiani, mentre Gianni, amico di una vita, piange appoggiato alla transenna, fra le mani un libro autografato da Ennio. Sara, oggi presidente della Fondazione Mediolanum, piange il padre con l'abbraccio che solo una figlia può dare: «Che dono incantevole che tu sia mio papà». Massimo, l'amministratore delegato del gruppo, commuove e si commuove: «I banchieri non godono di simpatie, ma tu eri amato». Ancora di più da chi raccoglie oggi il testimone: «Quando ero un bambino, papà tu per me eri Superman. Poi sono diventato grande, ma tu per me sei rimasto Superman». Gli oratori descrivono piccoli episodi di un uomo grande. E affiora tutto lo spessore di una personalità battezzata nell'ottimismo e nella fede della sua terra. Forse, sia detto senza retorica, ha ragione Fedele Confalonieri che a Vittorio Macioce del Giornale aveva detto: «Per me Doris è un santo. Laico, ma pur sempre santo».

Si capisce che i preti impegnati nella celebrazione sono quasi imbarazzati, tanti sono gli episodi che potrebbero raccontare e si intuisce anche in filigrana che l'avventura di Mediolanum è figlia di quella cultura, di quella capacità di trattare il prossimo come uno di famiglia. «La settimana prima di morire - aggiunge don Bruno - Ennio mi ha fatto arrivare un messaggio che voleva far arrivare a tutti: Senza la fede è difficile, molto difficile superare le prove dell'esistenza, soprattutto le malattie. Ecco, io credo che questo sia il suo testamento spirituale». La fede e le opere. «Dall'Amazzonia all'Africa tante persone che lui ha aiutato oggi pregano con noi». Non è una festa, ma le esequie, così cariche di umanità, accendono una scintilla di eterno nel giorno in cui la biografia arriva all'ultima pagina. Il flauto di Andrea Griminelli accompagna il feretro all'uscita sulle melodie struggenti ed epiche di «Mission». La folla assiepata applaude, Silvio Berlusconi rientra nel furgone scuro stringendo la mano di Marta Fascina.

Il governatore del Veneto Luca Zaia, quasi infastidito dalle telecamere, rivela: «Qualche tempo fa sono andato a trovare Doris all'ospedale di Castelfranco e sono rimasto con lui e Lina a lungo. Anche in quel letto di ospedale era sempre positivo». È stata la sua grande lezione. Rete 4 si congeda, un piccolo corteo accompagna la bara al cimitero del paese.

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