Questa volta ce l'ha fatta. Dopo oltre un anno di istanze, di appelli della famiglia, di ricorsi per chiedere non pietà ma un diritto sacrosanto, quello di curare un cancro alla prostata nel migliore dei modi, cosa impossibile dalla cella. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha detto sí: Marcello Dell'Utri lascia la cella del carcere di Rebibbia in cui è rinchiuso per scontare la pena definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa comminatagli a Palermo. L'espiazione della pena dell'ex senatore Pdl è differita per ragioni di salute. Dell'Utri dunque va ai domiciliari e ci resterà sino a quando le sue condizioni di salute non miglioreranno e non torneranno compatibili con la detenzione.
La «fumata bianca» è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri. Ed è la conclusione di più di un anno di battaglie combattute soprattutto dalla famiglia, dalla moglie, Miranda Ratti, che anche in una conferenza stampa aveva denunciato la «vergogna» di uno Stato che a suo marito, detenuto, non garantiva un diritto quale quello alla cura.
Marcello Dell'Utri, 77 anni a settembre, è cardiopatico e diabetico. Da oltre un anno gli è stato diagnosticato un cancro alla prostata, che necessita anche di cure radioterapiche. Un'odissea, per il detenuto e per la famiglia. Più volte i legali di Dell'Utri, Simona Filippi e Alessandro De Federicis, avevano chiesto la sospensione della pena per motivi di salute. E pure i periti dell'accusa avevano sostenuto la richiesta, vista la complessità delle condizioni del detenuto e la difficoltà di garantirgli cure adeguate visto lo stato di detenzione. Invano. Per ben tre volte i tribunali chiamati a pronunciarsi avevano negato la scarcerazione. Avevano addotto persino il pericolo di fuga, soprattutto in concomitanza con la sentenza di primo grado di un altro processo che vede Dell'Utri imputato, quello sulla trattativa Stato-mafia, processo in cui l'ex senatore, ad aprile, è stato condannato a 12 anni.
Ma accanto ai no dei giudici tanti anche gli appelli per garantire un trattamento umano al detenuto, non ultimo quello del Garante dei detenuti. E proprio al parere di quest'ultimo hanno fatto riferimento i legali di Dell'Utri nell'udienza straordinaria dello scorso 2 febbraio, quando hanno spiegato che anche «il garante dei detenuti sostiene che sia il carcere che le strutture protette sono inadeguate per le cure di cui ha bisogno Dell'Utri». A favore di Dell'Utri, nelle scorse settimane, era arrivato anchel 'intervento dell'ex sottosegretario alla Salute del Pd, Davide Faraone. Adesso, finalmente, è arrivato il via libera. Legato, sembra, non tanto al tumore alla prostata quando all'aggravarsi delle condizioni cardiache, già difficili e compromesse dal diabete. Legali, familiari e la stessa direzione del carcere hanno segnalato ai magistrati la gravità della situazione. La nuova perizia dei giudici dello scorso 22 giugno ha evidenziato la sofferenza cardiaca. E il tribunale di Sorveglianza ha dato l'ok alla scarcerazione per motivi di salute. Dell'Utri, detenuto a Roma, sconterà i domiciliari - che comunque gli consentono una possibilità di movimento molto più agevole - a casa del figlio Marco, sempre nella Capitale. Dei sette anni di pena comminatigli a Palermo e diventati definitivi nel 2014, all'ex senatore non resta molto: è entrato in cella, a Parma inizialmente, il 13 giugno del 2014. Quindi ha già scontato oltre la metà della pena.
E nel frattempo spera in Strasburgo: la sua condanna infatti ricade in pieno della cosiddetta sentenza Contrada, quella che ha stabilito che il concorso esterno non era ben delineato dal punto di vista giuridico prima del 1994.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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