I giudici: stop alle motovedette italiane

Il Consiglio di Stato blocca l'accordo con la Tunisia. "Rischio deportazioni illegali"

Foto di repertorio
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I «sabotatori» delle Ong pro migranti riescono ad infilare l'ennesimo bastone fra le ruote sul fronte della lotta all'immigrazione clandestina. Questa volta è il Consiglio di Stato, massimo giudice amministrativo, a bloccare, per ora, l'invio di sei motovedette alla Tunisia che sarebbero servite a intercettare le partenze illegali su pericolosi barchini in ferro. Il bello è che il Tribunale amministrativo del Lazio aveva respinto il ricorso, ma questa volta la «macchina da guerra» legale delle Ong ha fatto centro per danneggiare i delicati accordi che il governo italiano sta stringendo con la Tunisia con lo scopo di tamponare gli arrivi a Lampedusa. Solo lo scorso mese i migranti intercettati in mare dai tunisini sono stati 8.736, il doppio rispetto ai 4.076 di maggio 2023. I talebani dell'accoglienza di Asgi, Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet cantano vittoria. Il primo ricorso al Tar puntava a bloccare il finanziamento di 4,8 milioni di euro per la rimessa in efficienza e il trasferimento alla Tunisia delle 6 motovedette. A fine maggio è stato rigettato ritenendo la consegna legittima in base al Memorandum del 16 luglio 2023 tra Ue e Tunisia, adottato dal governo italiano, che conferma come il paese nord africano sia sicuro.

In giugno dovevano venire consegnate le prime tre motovedette, ma il Consiglio di Stato ha deciso che sono «prevalenti le esigenze di tutela rappresentate da parte appellante», ovvero le Ong. In pratica i talebani dell'accoglienza considerano la Tunisia alla stregua della Libia, una specie di inferno a cielo aperto. «Le deportazioni di massa, gli arresti arbitrari e le violenze ai danni delle persone migranti dimostrano che la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco. Come per la Libia, le autorità tunisine non possono quindi essere considerate un interlocutore nelle attività di soccorso» commenta Lorenzo Figoni di ActionAid Italia. Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, che usa il termine ultra politicamente corretto di «persone in movimento» sostiene: «Alla luce della documentazione depositata, riteniamo la Tunisia un porto non sicuro». E il Consiglio di Stato sembra confermare questa tesi, sospendendo la consegna delle motovedette e rinviando l'udienza in Camera di Consiglio all'11 luglio.

Sara Kelany, responsabile del dipartimento Immigrazione di Fratelli d'Italia lancia l'allarme: «Il provvedimento in via d'urgenza è stato assunto senza sentire le parti, senza dunque poter acquisire elementi di fatto e di diritto utili ad una decisione ponderata. Il decreto del consiglio di Stato appare pericoloso rispetto soprattutto alla finalità di contrasto del traffico degli esseri umani».

Non solo: la Tunisia ha finalmente formalizzato, ieri, la propria Zona di ricerca e salvataggio in mare (Sar), un passo a lungo richiesto dall'Italia per contrastare i flussi migratori illegali. Tunisi si sta dotando di un Centro di soccorso simile a quello del nostro paese accentrando il coordinamento sui mezzi di varie armi e strutture di sicurezza per incrementare le intercettazioni e salvataggi in mare. Il governo italiano e l'Europa appoggia lo sforzo tunisino con aiuti e mezzi comprese le 6 motovedette bloccate dal massimo giudice amministrativo.

L'ammiraglio in congedo, Fabio Caffio apre uno spiraglio: «Una cosa è la giurisprudenza nazionale, un'altra l'orientamento governativo. In aprile, tramite decreto, ha espresso che la Tunisia è un Paese sicuro. Il governo si attiene pure a dei report internazionali: non c'è solo la sentenza del Consiglio di Stato».

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