I massacri alawiti nella Siria di al Jolani pronti a infiammare tutto il Medioriente

È l'inizio di un'era atroce. Dal Paese passano le armi che il regime iraniano spedisce a Hamas e Hezbollah

I massacri alawiti nella Siria di al Jolani pronti a infiammare tutto il Medioriente
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Ogni messaggio ormai è doppio e triplo, ci vuole la lente di ingrandimento. E tutti parlano di guerra. Il più semplice, ieri, è tuttavia quello calmante di Ahmed al Shara(al Jolani), i cui jihadisti hanno fatto a pezzi migliaia di uomini del vecchio regime alawita: dopo 13 anni di guerra civile che hanno visto centinaia di migliaia di morti avvelenati, uccisi, torturati da parte del regime sorretto da Iran e Russia, adesso a colpire sono gli uomini del nuovo regime. Hayat Tahrir al Sham si mise subito la cravatta, il suo leader dal nuovo nome si è peritato di comunicare a tutti i leader una disponibilità alla pace e alla ricostruzione che da molti è stata presa sul serio e ne ha ricevuto in cambio visite fiduciose. Ieri, dopo che le peggiori violenze a Jableh, Banyes e negli altri centri della Siria alawita hanno ricordato che cosa è la jihad, al Jolani ha fatto un discorso ormai poco rassicurante quando promette pace e protezione delle minoranze. Ormai a Latakia e a Tartous si è stappata la bottiglia delle vendetta dopo decenni di sofferenze e almeno mille persone sono state uccise mentre 125 membri Hts venivano sopraffatti. E i numeri possono essere molto più alti, persino ricordare le morti causate dal gas usato da Assad sulla sua popolazione.

Il punto è che lo scontro di ieri, nato con dimostrazioni alawite, segnala non una conclusione ma un possibile inizio di un'era atroce, in cui anche forze internazionali molto diverse sono implicate. La Siria, oltre a essere frazionata in una quantità di gruppi religiosi e etnici diversi, tra cui drusi e curdi, minoranze così specifiche da essersi in buona parte ormai dichiarate sotto l'ala di Israele (ieri Israel Katz, ministro degli Esteri, ha presentato una legge speciale per consentire ai drusi siriani speciali permessi di lavoro) è un'autostrada di interessi internazionali, un nodo vitale. Vi si svolge tutto il passaggio d'armi che l'Iran ha spedito ad Hamas ed Hezbollah e che tuttora può servire, se rivitalizzato con l'aiuto dei ribelli alawiti, a minacciare il Medioriente. L'Iran ha probabilmente agito sostenendo gli alawiti in associazione con la Russia: la risposta da parte di Khamenei a Trump in cui il presidente americano annunciava la sua volontà di chiudere in fretta la vicenda del nucleare, avviando un processo di pace, è stata aggressivamente negativa. L'Iran, si può dedurre, forte dell'uranio arricchito al 60% nell'era Biden, cerca di rimettersi in pista muovendo le carte che gli sono rimaste in Siria. Può contare anche sul Qatar, suo grande amico nella profonda e mortale antipatia verso Israele, che ha chiesto di investire l'Aiea della questione del nucleare israeliano, mai sollevata prima, mentre ha lanciato una commovente denuncia ecologica sui guai dell'ambiente che comporterebbe un eventuale distruzione del nucleare da parte di Israele.

Trump con la sua lettera a Khamenei chiedeva un dialogo, ma poi, a voce, ha anche detto che il tempo delle scelte è ormai arrivato. Doppio messaggio, mentre si levava in cielo un'esercitazione di bombardieri americani e israeliani. Intanto si annunciava un'esercitazione di Iran, Russia, e Cina nell'Oceano Indiano con navi da guerra con osservatori di Qatar, Irak, Pakistan... gli amici anti occidentali. Nel frattempo Erdogan ha più volte dimostrato il suo deciso interesse per la Siria sotto il nuovo regime sunnita: al Jolani l'ha incontrato e ringraziato più volte, legati dalla Fratellanza Musulmana.

Israele non ha nessuna intenzione di fare la parte della bella statuina in attesa della guerra. Da dicembre ha occupato una zona di sicurezza che protegga il confine e ha distrutto gran parte dell'esercito siriano. Il ruolo di esca dopo il 7 di ottobre non gli si addice più.

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