Adesso solo un ultimo passo separa Daniela Santanchè dal tirare un respiro di sollievo nelle sue vicende giudiziarie: vicende che hanno fatto vivacemente irruzione nella scena politica, con la mozione di sfiducia delle opposizioni respinta il 26 luglio dal Senato. Alla base del tentativo di impeachment del ministro del Turismo, l'indagine per falso in bilancio e bancarotta fraudolenta da parte della Procura di Milano: scaturita a sua volta dalle richieste di fallimento avanzate dai pm del capoluogo lombardo nei confronti delle quattro società dell'arcipelago Visibilia, amministrate dalla Santanchè fino al gennaio 2022.
Nelle settimane scorse, i pm Laura Pedio e Maria Gravina avevano ritirato le istanze di fallimento avanzate nei confronti di Visibilia Editore e di Visibilia holding; ieri mattina tocca alla Concessionaria di pubblicità Visibilia uscire dal mirino della Procura: le due pm si presentano in udienza davanti al giudice della sezione fallimentare Sergio Rossetti e comunicano di rinunciare alla loro richiesta. Motivo: i pm hanno dovuto prendere atto che non ci sono debiti scaduti che la società non sia in grado di saldare. Con la stessa motivazione nelle settimane scorse erano state revocate le istanze nei confronti di Visibilia Editore e Holding.
Sul fronte del tribunale fallimentare, l'unica gatta da pelare rimane a questo punto Visibilia srl, costola minore del gruppo e già posta in liquidazione. Se anche nei confronti di questa i magistrati si convinceranno che i fondi messi a disposizione sono sufficienti a coprire i debiti accumulati, la Santanchè potrebbe contare sulla archiviazione dall'accusa di concorso in bancarotta, molto più grave dell'altro reato che le viene contestato, il falso in bilancio. L'altro ieri il tribunale intanto aveva rifiutato il commissariamento di Visibilia Editore, limitandosi a disporre una ispezione contabile.
In un comunicato Visibilia ringrazia la Procura e invita «clienti e fornitori ad attribuire credito
soltanto a fatti concreti e non a voci che vengono diffuse da trasmissioni televisive ed organi di stampa in maniera suggestiva ed al solo scopo di produrre effetti gravemente pregiudizievoli per la reputazione della società».
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